Storia di due fratelli francesi e del loro diverso destino di fronte a una rara malattia neurodegenerativa.

È il giorno di Natale del 2017 quando Celine e Jean, due giovani genitori francesi, non ricevono regali, ma una notizia devastante. Nathanael, il loro secondo figlio di soli 18 mesi, è affetto da una malattia genetica neurodegenerativa, di quelle che non lasciano scampo: si chiama leucodistrofia metacromatica (MLD) e lo porterà a perdere progressivamente tutte le capacità acquisite fino a quel momento. Entrambi ne erano senza saperlo portatori sani e, come accade in pochissimi e sfortunati casi, il loro bambino ha ereditato il difetto genetico da ciascuno dei genitori.

Una notizia che sconvolge la vita

Tutto era iniziato in primavera, quando i genitori avevano notato nel piccolo delle difficoltà motorie. Lontanissimi dall’idea che quelle potessero essere le avvisaglie di una malattia così grave, hanno intrapreso gli esami di routine. La situazione, però, è peggiorata: sono iniziati tremori e crisi epilettiche, tanto da richiedere il ricovero in ospedale. La diagnosi di MLD è stata un macigno, reso ancora più pesante qualche mese dopo dal fatto che anche Augustin, il terzo figlio nato solo un anno prima, è risultato positivo al test genetico. Pur essendo ancora asintomatico, il responso parlava chiaro: anche lui avrebbe manifestato gli stessi sintomi del fratello maggiore. Era solo questione di tempo.

Per Celine, «sapere che Nathanael era malato è stato un colpo durissimo. Ma scoprire che lo era anche Augustin è stato veramente terribile. Di fronte a diagnosi così, si pensano tante cose: che non diventeranno grandi, né giocheranno con gli amichetti o con il loro fratello maggiore, Louis».

Dopo il buio, una luce di speranza dall’Italia

Appena ricevuta la diagnosi, però, la famiglia viene anche informata del fatto che per Augustin potrebbe esserci una possibilità di non andare incontro allo stesso destino del fratello maggiore. In Italia, all’Ospedale San Raffaele di Milano, è in corso da anni la sperimentazione di una terapia in grado di correggere il difetto genetico responsabile e prevenire così i danni al cervello e agli altri organi: è la terapia genica messa a punto dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano, un centro di ricerca all’avanguardia per lo sviluppo di terapie avanzate per le malattie genetiche rare. Per sperare in un beneficio, però, bisogna fare il più presto possibile e intervenire prima che la malattia abbia fatto danni irreversibili.

Entro pochi giorni la famiglia arriva a Milano, dove è accolta da Alessandro Aiuti, responsabile della ricerca clinica dell’istituto, e dal suo staff: neurologi, infermieri di ricerca, psicologi. Grazie al programma di accoglienza “Come a casa” ricevono tutto il supporto per la loro permanenza a Milano.

Guarda la video testimonianza di Celine e Jean

«Abbiamo incontrato una squadra di professionisti davvero esperti della malattia, ma anche molto umani, attenti e disponibili – ricordano i genitori. Hanno sempre saputo trovare le parole giuste, anche in situazioni difficili, senza mai avere atteggiamenti di superiorità. Siamo stati aiutati fin dall’organizzazione del viaggio, ci hanno messo a disposizione un appartamento e un’assistenza infermieristica per Nathanael».

«Siamo molto grati a Telethon per aver dato la possibilità all’intera famiglia di venire e restare a Milano per tutta la durata del trattamento di Augustin».

Celine e Jean, genitori di Augustin

Il secondo compleanno di Augustin

Il 9 marzo 2018 è per Augustin un secondo compleanno: quel giorno, infatti, ha ricevuto le sue cellule staminali del sangue, precedentemente prelevate, corrette con la terapia genica. A fornire una versione sana del gene difettoso, un vettore derivato da uno dei virus più temuti, l’HIV: quello che ai non addetti ai lavori può sembrare un paradosso è un’idea brillante, dimostrata per la prima volta dall’attuale direttore dell’SR-Tiget Luigi Naldini. Per far spazio alle sue cellule corrette, i medici hanno dovuto somministrargli prima una chemioterapia, che lo ha costretto a rimanere più di 50 giorni in una camera sterile dopo il trattamento, per proteggerlo da eventuali infezioni.

Augustin durante la terapia

«In generale l’intervento è andato bene – ricordano i genitori. Ci siamo affidati ai medici e, nonostante le ultime due settimane passate in camera sterile siano state molto dure, Augustin è stato fantastico. Ha affrontato tutto con il suo carattere brillante e gioviale. Non ha mai avuto paura, né ha dimostrato insofferenza durante quasi due mesi vissuti in pochi metri quadrati con solo un letto, un armadio e una scrivania».

Una perdita dolorosa

Per Nathanael, invece, la malattia ha fatto il suo corso, come purtroppo atteso: giorno dopo giorno ha perso la voce, la capacità di camminare o di mangiare da solo. È morto nell’estate del 2019. «È stato davvero difficile convivere con tutto questo, cercando al contempo di conservare la normale quotidianità familiare – commenta Celine -. Nathanael era un bambino sorridente e felice, la malattia gli ha impedito di crescere: questa è la cosa più dolorosa per un genitore. Per fortuna non siamo mai stati soli, grazie a diverse associazioni nostro figlio ha potuto ricevere sostegno e cure palliative per tutto il tempo che è rimasto con noi».

Augustin, nel frattempo, è cresciuto e vive le esperienze tipiche della sua età: va a scuola, gioca a calcio, cavalca il pony. Ha qualche difficoltà motoria, ma grazie alle regolari sessioni di fisioterapia, psicomotricità e logopedia i medici sono fiduciosi che possa migliorare anche sotto questo aspetto.

«È un bambino gioioso e innamorato della vita – commenta il papà -. È consapevole delle sue difficoltà, ma sa anche di aver avuto una “super droga” come dice lui! E non c’è dubbio che senza la terapia il suo futuro sarebbe stato uguale a quello di suo fratello».

«Per noi la terapia è stato un dono meraviglioso, che ci ha regalato la speranza di vederlo crescere e diventare adulto: quello che ogni genitore si augura quando mette al mondo un figlio».

Jean, papà di Augustin

«Saremo sempre grati a Telethon e non smetteremo mai di ripetere quanto sia importante che le persone continuino a sostenere la Fondazione, per trovare una cura per le tantissime malattie rare per cui ancora non esiste. Nella speranza che in futuro altri bambini come il nostro Nathanael possano essere salvati».

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