Tra i nuovi bandi Seed Grant assegnati in questi giorni anche quello dedicato alla sindrome emolitico uremica (SEU), finanziato dall’associazione Progetto Alice Onlus.

Quando hai 25 anni e all’improvviso la vita ti si stravolge, vedi tutto con occhi diversi: fai fatica ad accettarlo e ti chiedi perché è successo.

Achita è rimasta sei mesi in ospedale per una grave insufficienza renale: tutti i giorni si è sottoposta a plasmaferasi per cinque ore e a emodialisi per altre quattro ore e mezza. Il suo viso si è trasformato sotto i suoi occhi che piangevano, e alla mamma che le stava accanto chiedeva foto di quando «ero normale».

Achita ha scoperto così di avere la sindrome emolitico uremica (SEU), una malattia rara che causa insufficienza renale, scarso numero di piastrine e di globuli rossi. Un tempo si pensava fosse una malattia dei bambini, perché insorgeva soprattutto durante l’infanzia; oggi invece, con le migliori capacità di diagnosi, viene riscontrata anche negli adulti. In effetti può capitare che la malattia “si svegli” a 25 o 40 anni, senza aver avuto nessuna avvisaglia precedente.

Ma Achita qualche indizio ce l’aveva già: «Nella mia famiglia sono in tanti ad aver sofferto della stessa malattia, anche se non si conosceva il nome. Mia madre, mio nonno, mio zio: tutti sono andati incontro allo stesso destino».

Dopo quell’esperienza traumatica in ospedale, Achita ha ricominciato a vivere piano piano, anche se sempre costretta alla dialisi. Poi altri momenti importanti che le hanno fatto compiere piccole grandi rivoluzioni: nel 2008 ha iniziato a poter fare la dialisi peritoneale a casa, poi l’emodialisi, e infine, tre anni fa, il trapianto di rene che le ha permesso di alzarsi dal letto e riacquistare le forze.

La sua vita oggi è fatta di tanti sorrisi e caldi abbracci, a partire da quelli dei suoi due figli: «Ero consapevole che la mia malattia aveva devastato la mia vita e quella dei miei familiari - spiega - e ho deciso che per interrompere questa catena di dolore, volevo fare la scelta più bella della mia vita, adottando due bambini. Dio mi ha regalato due gioielli: Nicolas (quasi 12 anni) e Aurora (16 anni). Sono fantastici, come se fossero stati fatti apposta per me». Racconta che sono molto teneri con lei, che l’hanno vista soffrire e rinascere dopo il trapianto.

«Chi è affetto da una malattia rara è abituato a combattere tutti i giorni con le paure, il dolore, ma in qualche modo ha l'abilità di sopravvivere anche nelle circostanze più impossibili. Perché il dolore rafforza, e incredibilmente i figli ti danno una forza inaspettata. E loro sono stati la mia ancora di salvezza, per combattere i miei momenti bui. Questa è la mia vita: io, la SEU, i bimbi e mio marito, che mi ha sempre sostenuto».

Oggi la sua famiglia è la prima a entusiasmarsi per tutte le attività dell’associazione Progetto Alice Onlusche ha l’obiettivo di far conoscere la SEU, informare, sostenere le famiglie, condividendo le proprie esperienze, lavorando ogni giorno con medici e ricercatori per far progredire la ricerca scientifica. L’associazione ha deciso di aderire allo Spring Seed Grant 2022, facendosi supportare da Fondazione Telethon nell’organizzazione, valutazione e monitoraggio di un bando di ricerca specifico per la SEU, per utilizzare al meglio i fondi raccolti dall’Associazione stessa.

L’Associazione nasce dalla volontà di un papà che non voleva rassegnarsi alla diagnosi di sua figlia. Secondo Achita è proprio lui il motore di tutto e pensa che sia un modello per tante famiglie: «Secondo me le ricerche che raggiungono più risultati sono quelle che nascono dal dolore e dall’amore di una persona che vede qualcuno soffrire». In effetti, dice, «è grazie a lui, alla sua insistenza, unita alle conoscenze di un pediatra che fa parte dell’associazione, che è arrivato anche da noi in Italia la terapia che mi consente di evitare la dialisi». Avere accesso a quel farmaco, il Soliris, è importantissimo per tutti i bambini affetti da questa patologia. Achita ricorda bene com’era la vita prima di iniziare questa terapia: «La gente come me non aveva altre possibilità. Mia madre è morta così, prima non avevi alternative alla dialisi ma ora sì». Grazie al trapianto e a questa terapia, invece, “la malattia dorme” e si può andare avanti. E ora si aspettano nuovi progressi della ricerca.

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