Ricerca: scoperta correlazione tra deficit neurologici e carenza di ferritina

Uno studio dei ricercatori dell'IRCCS Ospedale San Raffaele Milano, finanziato da Telethon e coordinato dalla professoressa Sonia Levi, responsabile dell'Unità Proteomica del metabolismo del ferro e professore associato in Biologia Applicata presso l'Università Vita-Salute San Raffaele, è stato pubblicato sulla rivista The Journal of Experimental Medicine.

La ricerca ha identificato per la prima volta nell'uomo una mutazione nel gene della ferritina (di tipo L) che causa la mancanza della proteina coinvolta nella regolazione del ferro nel nostro organismo.

La ferritina è una proteina che svolge un ruolo fondamentale nella gestione del ferro e nel mantenimento dell'omeostasi del metallo nelle cellule del nostro organismo. L'accumulo del ferro nell'uomo è responsabile di diverse patologie, tra queste quelle di carattere neurodegenerativo come le neuro-degenerazioni associate ad accumulo di ferro cerebrale (NBIA).

La ferro-carenza al contrario è associata ad alterazioni neurologiche che si manifestano nei pazienti con forme di convulsione e la più famosa sindrome delle gambe senza riposo (in Italia infatti ne soffrono il circa il 5% della popolazione).

In questo lavoro i ricercatori hanno dimostrato come la mancanza di ferritina causi nell'uomo una carenza di ferro, provocando un aumento dello stress ossidativo e del danno cellulare, associando così le alterazioni neurologiche alla mutazione presente nel gene della ferritina. Questo risultato è stato possibile anche grazie all'utilizzo di una tecnica molto innovativa detta riprogrammazione-cellulare-diretta.

Il procedimento permette di ottenere neuroni umani partendo da una semplice biopsia cutanea. Nello specifico vengono prelevate dal braccio dei pazienti i fibroblasti della pelle che in seguito vengono opportunamente coltivati e riprogrammati in laboratorio.

Per la prima volta al mondo i ricercatori del San Raffaele hanno dimostrato che, grazie alla ri-programmazione, è possibile studiare patologie su modelli cellulari difficilmente ottenibili dall'uomo, come nel caso dei neuroni, primariamente coinvolti nelle patologie neurodegenerative.

Afferma la professoressa Levi: «Questo lavoro rappresenta un passo in avanti nella conoscenza dei meccanismi biologici che sono alla base del coinvolgimento del ferro nelle patologie neurologiche, argomento fino ad ora poco definito. Inoltre possiamo pensare in futuro di utilizzare questa metodologia di riprogrammazione cellulare sia per approfondire le conoscenze sui meccanismi molecolari alla base delle alterazioni patologiche sia per l’identificazione di nuovi target terapeutici».

Il tuo browser non è più supportato da Microsoft, esegui l'upgrade a Microsoft Edge per visualizzare il sito.