Francesca Michielin: «La scuola insegna a metterti in gioco»

«Il mio primo ricordo della scuola risale all’ormai lontano (ma non troppo) settembre 2001: il secondo giorno di scuola elementare. Sì, perché il primo giorno ero troppo agitata per rendermi conto di cosa stesse per iniziare, ho memoria solo della colazione con latte e cereali al cioccolato e della mia cartella gialla, blu e rossa più pesante e più grande di me. Il secondo invece no, ero più rilassata e un po’ più sicura. Quel giorno abbiamo provato a disegnare le stelle (sembra facile, ma è difficilissimo) e ci hanno insegnato che “la mano destra è quella con cui si mangia la minestra”, ma io sono mancina.

Antonella Clerici e Francesca Michielin durante la maratona Telethon 2017

Non posso dire di essere stata un’alunna modello, però ero molto curiosa e adoravo leggere. Ricordo quella volta che presi “Buono meno meno” al compito sul sistema solare. Mi fa sorridere il fatto che dopo al liceo abbia voluto studiare astronomia e che ora sia totalmente fissata con tutto ciò che riguarda lo spazio.

Il giorno sui banchi più bello è stato probabilmente in una mattinata di febbraio in cui, a Bassano del Grappa, aveva nevicato talmente tanto che ero stata costretta ad andare a scuola a piedi. Quel giorno eravamo così in pochi che l’insegnante aveva optato per un fuoriprogramma: il principio di creazione dei pop corn.

Ciò che mi porto nel cuore non sono tanto le pagelle, i diplomi o le cose che ho studiato e che non sempre ricordo, ma gli incontri che ho fatto, le persone che ho conosciuto, così simili ma così diverse da me, piene di storie da raccontare. Porto la voglia di mettersi in gioco anche con le situazioni apparentemente più impraticabili, dalle tabelline alla quinta declinazione, la pazienza, l’allenamento, i giochi di squadra, le gite in bus cantando canzoni a squarciagola nelle ultime file, le merendine condivise, il crescere insieme».

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