Valeria vive una seconda vita grazie a un trapianto di fegato, a cui è costretta a causa della sua malattia. E rinasce ancora grazie a suo figlio Mattia, che le insegna il vero significato della parola amore.

Valeria e suo figlio Mattia, entrambi affetti dalla malattia di Wilson
Valeria e suo figlio Mattia

Valeria è una giovane mamma che ama profondamente il suo piccolo Mattia, nato nel novembre 2019, ed è una donna allegra, socievole, con il cuore aperto al mondo e alle persone. “Io vivo come se ogni persona fosse un amico a cui dedicare un sorriso - dice –perché in fondo ogni essere umano convive con le proprie fragilità, e io le considero un valore, non un limite”.

Questo approccio alla vita positivo e solare appartiene a Valeria fin da quando era bambina, nonostante le difficoltà che hanno accompagnato la sua infanzia, facendola sentire grande mentre ancora voleva giocare. Tutto inizia quando lei ha appena 9 anni, e viene ricoverata in ospedale a causa di una mononucleosi. Gli esami clinici mostrano anomalie sospette, e questo porta ad approfondite indagini mediche, fino ad un risultato disarmante: a Valeria viene diagnosticata la malattia di Wilson, una patologia genetica rara caratterizzata da un accumulo tossico di rame nell’organismo, in particolare nel fegato e nel cervello, con conseguenti complicazioni come epatite, ittero, cirrosi, insufficienza epatica e disturbi neurologici.

“Nonostante io avessi solo nove anni – racconta Valeria - subito dopo la diagnosi mi sono sentita adulta, perché la malattia ti rende consapevole e responsabile, ed è stata una maestra che mi ha insegnato il significato vero della parola vivere”.

Valeria affronta con carattere e forza ogni sintomo della patologia con cui convive, impara a conoscerla, si documenta e si appassiona alla medicina, tanto da sognare di diventare un medico. Quando ha da poco compiuto 19 anni, però, i suoi sogni vengono messi a dura prova da un’epatite fulminante conseguente alla malattia, e questo la costringe ad un delicato trapianto di fegato.

"Da quel giorno è iniziata la mia seconda vita da trapiantata, e quando ho capito che non potevo fare il medico perché la mia condizione immunitaria è troppo fragile per lavorare nelle corsie di un ospedale, ho trovato un’altra strada da percorrere e sono diventata biologa, con dottorato di ricerca in biologia umana e genetica medica”.

Valeria all’epoca condivide i suoi sogni testardi con Andrea, il giovane ragazzo con cui si era da poco fidanzata. Qualche anno dopo diventano moglie e marito, e insieme iniziano a desiderare l’arrivo di un figlio.

“Ci ho messo tre anni per rimanere incinta, perché da trapiantata ci sono diverse complicanze nell’avere un figlio. Sono stata costantemente monitorata e seguita dai medici".

"Il giorno in cui finalmente è nato Mattia io ho scoperto il vero significato della parola amore”.

Valeria, mamma di Mattia

Mattia riempie di luce il cuore della mamma, ma c’è un’ombra nei pensieri di Valeria, ed è il timore che il figlio possa sviluppare la sua stessa malattia genetica. Sebbene le probabilità che questo accada siano estremamente scarse, quando il bimbo ha solo due mesi, i genitori decidono di sottoporlo comunque ai test per scongiurare ogni dubbio. Quei dubbi invece trovano riscontro positivo, e al piccolo Mattia viene diagnosticata la malattia di Wilson.

“Non trovo neanche le parole per raccontare ciò che ho provato in quel momento – spiega Valeria – ma anche in questo caso ho pensato che le difficoltà vanno affrontate a testa alta, ed io ho un vantaggio enorme: conosco la malattia e ho gli strumenti per combatterla insieme a lui”.

Quella diagnosi precoce permette a Mattia di assumere fin da subito una specifica terapia, che sebbene non sia risolutiva, gli ha consentito di non sviluppare, ad oggi, alcun sintomo della malattia, e il bimbo, con l’aiuto di mamma, ha anche imparato ad essere responsabile verso piccole attenzioni che non possono sfuggire.

“Mattia sa che ci sono dei cibi che non può mangiare perché contengono molto rame – spiega Valeria - e quindi sono vietati. Quando a lui chiedono cosa non deve mangiare, risponde: “non devo mangiare la cioccolata e quello che dice la mamma”.

Oggi Mattia ha quasi 4 anni, è un bimbo allegro, sorridente e speciale, frequenta l’asilo ed è un piccolo showman che già segue con passione il corso di danza sportiva. Con la sua mamma ha un legame speciale, e Valeria, da biologa, da mamma rara, e da donna coraggiosa, condivide con suo figlio la fiducia nella ricerca scientifica.

“La speranza è nella ricerca scientifica. Oggi non esiste una cura per questa patologia, ma mi auguro che un giorno Mattia possa accedere ad una terapia che gli permetta di risolvere la malattia” .

Per tutte le mamme come Valeria, e per tutti i bimbi come Mattia, che nonostante le difficoltà di una malattia genetica rara, vogliono vivere da protagonisti la propria esistenza, Fondazione Telethon rinnova il suo impegno nel portare avanti la ricerca scientifica, ed “Io per lei” significa anche questo: un obiettivo comune verso traguardi come la costruzione di un presente e un futuro migliore per persone come loro. Grazie soprattutto al lavoro dei ricercatori dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Pozzuoli, sono infatti già sette i progetti di ricerca messi in campo per la malattia di Wilson, e sono questi i traguardi a cui guarda Valeria.

“Se oggi dovessi pensare a qual è la mia forza, non ho dubbi nel dire che la mia forza è la speranza nel lavoro che fa Fondazione Telethon”.

Il tuo browser non è più supportato da Microsoft, esegui l'upgrade a Microsoft Edge per visualizzare il sito.