Sindrome di Sturge Weber: aprirsi al mondo grazie alla ricerca e al confronto

Un progetto di ricerca sulla sindrome rientra tra quelli finanziati nel Fall Seed Grant 2022 di Fondazione Telethon. Per chi scopre di dover convivere con una malattia genetica rara, la conoscenza insieme alla condivisione e al confronto, sono strumenti che rappresentano un valido supporto per affrontare al meglio la quotidianità.

Gianluca, nato con la sindrome di Sturge Weber, insieme a mamma Antonella

Dal 2016 creare una realtà solidale è proprio l’obiettivo dell’Associazione italiana Sturge Weber, nata dalla volontà di famiglie e genitori con figli affetti dalla sindrome di Sturge Weber di contribuire alla ricerca scientifica e confrontarsi facendo rete. Oggi l’associazione è molto cresciuta, raggruppa circa 120 famiglie, ed è impegnata su più fronti: l’obiettivo è arrivare a chiunque abbia bisogno di aiuto e informazioni sulla sindrome e, soprattutto, dare vita a diversi progetti di ricerca finanziati.

È per questo che l’Associazione Sturge Weber ha deciso di partecipare al progetto Seed Grant di Fondazione Telethon e a raccontarlo è la presidente dell’Associazione, Antonella Perini: «Con Telethon ci stiamo aprendo al mondo. L’ambizione più grande che abbiamo è proprio quella di trovare delle soluzioni terapeutiche e ampliare le nostre conoscenze in merito alla sindrome di Sturge Weber. Telethon ci sta aiutando in questo percorso, grazie al supporto dell’organizzazione del bando e nella valutazione e scelta dei progetti di ricerca, ritenuti meritevoli dai massimi esperti internazionali sulla nostra malattia».

Inoltre, l’associazione sta cercando di realizzare un Registro della malattia, e, insieme ai medici del loro comitato scientifico, è impegnata nella creazione di un “consensus” italiano sulla patologia, cioè delle linee guida di buona pratica da distribuire negli ospedali e ai pazienti.

Antonella non parla solo in qualità di presidente dell’Associazione, ma anche da mamma di Gianluca, affetto da sindrome di Sturge Weber. «Gianluca è nato nel 2008 e dopo la sua nascita non ho potuto vederlo subito. Quando l’ho visto per la prima volta, ho notato la macchia viola sul suo volto e mi sono spaventata. All’inizio non sapevamo che potesse trattarsi di una malattia genetica rara, in ospedale non conoscevano la sindrome e ci hanno raccomandato di sottoporre Gianluca ad una visita genetica e dermatologica. Il medico genetista ci ha poi indirizzati verso l’ospedale universitario di Padova per sottoporre nostro figlio ad una risonanza celebrale, dove hanno sospettato la sindrome di Sturge Weber e ci hanno informato sulle sue conseguenze, come le crisi epilettiche».

La malattia ha infatti un impatto su più fronti: un suo tratto distintivo è la malformazione vascolare che si presenta sulla pelle dei bambini e a ciò si aggiungono problemi neurologici, come l’epilessia. Oltre all’epilessia, può anche presentarsi il glaucoma, una malattia cronica e progressiva che colpisce il nervo ottico. Per il momento, non esiste una cura e, negli ultimi anni, ci sono stati degli sviluppi solo in termini di conoscenza della sindrome.

Il giorno della Festa del Papà Gianluca aveva 3 mesi e ha avuto la sua prima crisi epilettica. I genitori non sapevano come riconoscerla e comportarsi e lo hanno immediatamente portato in ospedale. A soli 9 mesi il loro bambino ha affrontato la sua crisi più forte, uno stato di male durato 40 giorni, dopo i quali ha avuto degli effetti molto negativi: non mangiava più, restava disteso e non dormiva.

«Abbiamo passato un periodo molto duro, fatto di alti e bassi. Ci sono stati alcuni miglioramenti grazie alle tante attività che Gianluca svolgeva, tra cui piscina e fisioterapia, ma non erano abbastanza, perché poi le crisi epilettiche facevano di nuovo la loro comparsa e, nonostante tutti i traguardi raggiunti, tornavamo indietro. Adesso Gianluca ha 14 anni - continua Antonella - e da quando ne aveva 6 le crisi epilettiche sono scomparse. Ha cominciato a fare tanti piccoli progressi in termini di qualità di vita, è molto più sereno, dorme meglio, cammina anche un po’ da solo e riesce, pur non parlando, a farci capire quando è triste o felice. È un bambino molto tranquillo, gli piace il contatto fisico e ama essere abbracciato. Quando va a scuola esce di casa contento, ama frequentarla, lo conoscono tutti e i compagni di classe gli vogliono bene. Adora anche andare in piscina, l’acqua è sempre stata il suo elemento e quando in estate andiamo al mare si diverte tantissimo e fa tanti bagni. Un’altra cosa che gli piace è la bicicletta, abbiamo un carretto che si aggancia alle nostre bici e così riusciamo ad organizzare tante gite insieme. Lui mi ha insegnato tanto. Quando hai un figlio con una malattia genetica rara, ti poni tante domande a cui non puoi dare una risposta. Gianluca mi ha insegnato proprio questo: ad avere pazienza. Un tempo tendevo ad essere impaziente, a volere subito delle risposte. Con lui ho imparato ad aspettare, a darmi dei tempi e a volte le risposte sono arrivare da sole, ho lasciato che gli eventi mi parlassero».

Dopo quattro anni dalla nascita di Gianluca, nonostante le mille paure e preoccupazioni, la famiglia ha deciso di allargarsi ed è arrivato Alessandro, che adesso ha 10 anni. «È stato come prendere una boccata d’aria, una decisione che ci ha fatto bene sotto tanti aspetti. L’arrivo di un secondo figlio ci ha permesso di staccare il pensiero dalla malattia e ci ha fatto comprendere alcuni atteggiamenti di Gianluca da nuovi punti di vista. Avevamo paura di trascurarlo, ma alla fine siamo riusciti a conciliare tutto. Lui stesso ha accolto molto bene la nascita del fratellino, lo cerca sempre, hanno frequentato la stessa scuola, guardano la televisione e stanno sempre insieme. Alessandro vive molto serenamente la malattia di Gianluca ed è orgoglioso di essere suo fratello».

Antonella racconta che l’incontro con altre persone che affrontano ogni giorno la stessa sindrome è stato fondamentale. «Quando Gianluca è nato, mi sono messa in contatto con un’altra mamma che affrontava la mia stessa situazione. Lei ci era già passata, ha un figlio più grande di Gianluca di 6 anni e per me è stata un’ancora, l’unica persona di cui mi fidavo in quei momenti in cui non vedevo la luce. Anche quando Gianluca si sottoponeva ai trattamenti laser per la macchia sul volto, abbiamo iniziato a conoscere tante nuove persone e sono entrata in contatto per la prima volta con l’Associazione italiana Sturge Weber».  Un incontro che l’ha portata a diventarne Presidente e a proseguirne il percorso in un’ottica di condivisione. «Cerchiamo di ritrovarci il più spesso possibile per coinvolgere i nostri soci e conoscere le famiglie che hanno bisogno del nostro aiuto. Perché ciò che serve per andare avanti, è il confronto tra chi ha già passato le stesse cose. È importante far arrivare il messaggio che anche i momenti brutti posso essere superati, insieme. Per permetterci di mantenere viva la speranza, ovviamente ha un ruolo essenziale la ricerca scientifica, che può migliorare la qualità della vita dei nostri figli e magari portarci ad una cura». Con il progetto Seed Grant, un seme è stato piantato: speriamo che possa attecchire per vedere crescere una pianta rigogliosa, per raccogliere i frutti della ricerca.

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