A due anni riceve la diagnosi per l'ADA-SCID, poi nel 2018 arriva la terapia genica presso l'SR-Tiget di Milano. E tutto cambia in meglio, fra ottimismo, tenacia e speranza.

“Più pericolosa del cancro”. Così l’ematologo ha descritto a Khadidja l’immunodeficienza ADA-SCID, la malattia rarissima appena diagnosticata a suo figlio Rafik, che allora aveva quasi due anni e aveva passato le ultime settimane in ospedale. Prima in Algeria, dove la famiglia si trovava in vacanza, poi in Francia, a Tolosa, dove vive. “Ho pianto tanto, tantissimo, ma la fede mi ha permesso di restare in qualche modo ottimista” ricorda la mamma.

E a distanza di otto anni si può dire che quell’ottimismo era giustificato. Nel 2018 Rafik ha ricevuto a Milano la terapia genica messa a punto dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele Telethon (SR-Tiget) e oggi finalmente Khadidja può vederlo come tutti gli altri bambini. “Per anni l’ho visto come un bambino malato, che non poteva andare a scuola, viaggiare, stare con gli altri. Oggi può farlo”. 

Sull’orlo del baratro 

Da piccolissimo, Rafik aveva spesso infezioni, ma senza complicazioni particolari. Sembra una situazione tutto sommato “normale”, ma a 18 mesi le cose precipitano. “Eravamo in vacanza in Algeria quando ha cominciato a sanguinare dalle orecchie e dal naso, mentre gli spuntavano macchie blu sulle gambe. Pensavamo fosse per il caldo, ma le emorragie non si fermavano e così siamo corsi al pronto soccorso. Gli esami del sangue hanno rivelato che la conta delle piastrine era bassissima”. 

La prima ipotesi è che Rafik abbia la leucemia. “Ero completamente in shock – ricorda Khadidja – pensavo che avrei potuto perderlo da un momento all’altro, anche perché aveva bisogno di trasfusioni continue di piastrine e non era facilissimo trovarle”.

La confusione era totale: “Non sapevamo, né noi né i medici, che cosa avesse ma neanche che cosa si potesse fare. Le indagini hanno escluso la leucemia, ma è solo qualche settimana dopo il ritorno in Francia, nell’ottobre 2015, che abbiamo saputo il nome della malattia di Rafik: ADA-SCID”. È una grave immunodeficienza genetica, che compromette la capacità del sistema immunitario di reagire alle infezioni. 

La svolta 

“Ci hanno parlato subito della possibilità di ricevere un trapianto di midollo – unica terapia disponibile a quanto ci dicevano –, ma questa speranza è svanita in fretta, perché non abbiamo trovato un donatore compatibile. Poi il medico ci ha parlato di una terapia genica che veniva effettuata a Londra. Non avevamo alternative e abbiamo accettato, ma per due anni nessuno ci ha chiamati per farla”.

Solo nel 2017 arriva la svolta, in seguito a un momento di grande crisi per Khadidja: “Ho perso mio padre e ho cominciato a sentirmi molto sola, a perdere fiducia nel nostro medico. Così ho messo su Google le parole ‘terapia genica’ e ‘ADA-SCID’ e ho finalmente trovato il nome di una terapia genica che veniva fatta a Milano. Ho trovato anche testimonianze di mamme di bimbi che avevano fatto questa terapia e stavano bene”.  

Khadidja in seguito si è chiesta molte volte perché non lo avesse fatto prima, ma da quel momento le cose sono andate molto velocemente. Ha contattato l’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica, dove la terapia era stata sviluppata e dove veniva erogata. Dopo pochi giorni, sono partiti ed è cominciato il percorso di terapia genica.

“All’ospedale abbiamo trovato una seconda famiglia: sono sempre stati molto professionali e collaborativi, hanno sempre risposto a tutte le nostre domande e ogni volta che potevano ci hanno facilitato le cose. Avevo perso fiducia, a Milano l’ho ritrovata”. Khadidja è particolarmente grata al professor Alessandro Aiuti, a capo del reparto di immunoematologia pediatrica dove Rafik ha ricevuto il trattamento: “Ci ha dato la scienza per guarire Rafik, la speranza, la gioia”.  

Rafik, oggi 

“Rafik è sempre stato un bambino molto coraggioso. Per lui, venire a Milano a fare i controlli dopo la terapia è sempre stato come venire in vacanza”, racconta la mamma, sottolineando che il bimbo è molto consapevole della sua condizione.

“Gli abbiamo spiegato che ha una malattia rara, ma che ‘raro’ significa anche eccezionale”. 

Khadidja, mamma di Rafik

Oggi Rafik è un bimbo in buona salute, appassionatissimo di calcio – si allena due volte alla settimana ed è gran tifoso del Milan – e di scienza. Passa molto tempo a fare esperimenti scientifici: cucina e bagno sono i suoi laboratori di chimica.

Per il suo futuro, la mamma spera “che il meglio debba ancora venire. Vogliamo vederlo crescere come tutti gli altri bambini, senza preoccuparsi del suo stato di salute”. 

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