Giusy, mamma di Matteo nato con la retinite pigmentosa: «Dobbiamo capire tutti che la ricerca è oggi e cambia la vita delle persone. Noi eravamo con gli occhi chiusi, ora siamo con gli occhi aperti».

Matteo

Una famiglia unita, quella di Giusy e suo marito Lorenzo. Vivono a Grottaglie, in Puglia, ed hanno tre figli, Francesca, Valerio e Matteo, il piccolo di casa, arrivato a riempire di gioia il cuore di tutti l’11 novembre 2010. Nessuno all’epoca poteva però immaginare la storia che Matteo avrebbe portato con sé, accompagnando tutta la famiglia alla scoperta di un mondo fino ad allora sconosciuto.

«Ripensandoci oggi – racconta Giusy – penso che Matteo era un predestinato, perché io ho la sensazione come di aver percorso una strada già segnata, lungo la quale noi lo abbiamo semplicemente accompagnato».

A pochi mesi dalla nascita, Giusy, durante l’allattamento, nota che Matteo non la guarda ed è attratto principalmente dalle luci artificiali. Questo atteggiamento le appare strano, tanto da consultare un oculista, il quale però consiglia di aspettare che il bimbo sia più grande. Trascorre un anno ed è lo stesso oculista a notare che effettivamente qualcosa non va. Durante il giorno Matteo riesce a percepire le immagini ma la sera sembra entrare in un tunnel buio, tanto da non voler più uscire di casa.

«Cosa può fare una mamma? Volevo entrare nel mondo di Matteo così una sera, mentre lavavo i piatti, ho chiuso gli occhi per cercare di capire cosa provava mio figlio nel buio»

Giusy mamma di Matteo

L’amore immenso per il figlio non permette a Giusy e suo marito di restare fermi e nel 2012 si rivolgono al Centro di malattie oculari rare di Napoli, dove ricevono finalmente una diagnosi, certa ma dura, di retinite pigmentosa, una malattia genetica che colpisce la retina, provocando cecità o grave danneggiamento della vista fin dalla infanzia. «Cosa può fare una mamma? Io potevo solo cercare di capire cosa provava mio figlio nel buio, così una sera, mentre lavavo i piatti, ho chiuso gli occhi e li ho lavati senza vedere nulla, perché volevo entrare nello stesso mondo di Matteo».

Matteo, crescendo, è consapevole della sua malattia, e ricorda quei giorni in una lettera in cui scrive: «Andavo a Napoli ogni sei mesi per fare dei controlli e a ogni controllo i dottori mi davano un foglio con scritto in che posizione ero arrivato, e se ero arrivato in prima posizione i miei genitori mi dicevano che avrei ricevuto un giocattolo. E solo ora che sono grande ho scoperto che era un imbroglio per farmi fare bene tutte le visite».

Sono anni difficili, che però non sono riusciti a strappare il sorriso a Matteo, e durante i quali Fondazione Telethon era già al lavoro per garantire a Matteo e ai bambini nati con malattie genetiche rare che colpiscono la vista risposte, terapie, opportunità per raggiungere piccoli e grandi traguardi con un obiettivo preciso: migliorargli la vita e farli diventare grandi!

È grazie a questo impegno che nel 2019 arriva la notizia più bella: la dottoressa che ha in cura il bambino comunica alla famiglia che Matteo è stato selezionato per sottoporsi al trattamento di terapia genica, traguardo a cui ha contribuito anche Fondazione Telethon con la sua ricerca. «È stata una notizia incredibile perché la malattia di Matteo coinvolge trenta geni, e quando mi ha chiamata la dottoressa mi ha detto che l’intervento era possibile proprio per il gene di Matteo!».

Una notizia che spalanca l’anima, e che Matteo ricorda nella sua lettera: «Quando la sera sentivo tutti i miei cugini giocare sul piazzale, io mi mettevo a piangere e chiedevo a mia madre perché io non riuscivo a vedere la sera. La mamma mi rispondeva che soltanto andando a Napoli sarai guarito e mi faceva dire tante preghiere per far sì che il Signore ci aiutasse. Alla fine, grazie al Signore, a tutti i dottori che lavorano in quell’ospedale di Napoli e a Telethon, sono stato scelto e veramente ho raggiunto il primo posto».

«Quando è stato dimesso Matteo aveva ancora la benda sull’occhio, e quando l’ha tolta ha iniziato a urlare di gioia “Mamma ti vedo!”».

Giusy mamma di Matteo

Il 27 novembre del 2019, Matteo viene sottoposto al trattamento di terapia genica al primo occhio. Matteo viene preparato e portato in sala operatoria, i familiari aspettano dietro quella porta per un’ora e mezza, durante la quale il tempo sembra sospeso. Dopo l’intervento, Giusy ha il cuore colmo di emozioni: «Sai che tuo figlio sta facendo un intervento che potrebbe cambiargli la vita, ma in quel momento pensi solo alla creatura sul lettino con la benda sull’occhio e non sai cosa succederà».

Poco dopo, invece, gli stessi medici esplodono di gioia per la riuscita di quell’intervento che finalmente poteva permettere a Matteo di guardare il mondo con i suoi occhi. «Quando è stato dimesso - racconta Giusy - Matteo aveva ancora la benda sull’occhio, e quando l’ha tolta ha iniziato a urlare di gioia “Mamma ti vedo!”. Dobbiamo capire tutti che la ricerca è oggi e cambia la vita delle persone. Noi eravamo con gli occhi chiusi, ora siamo con gli occhi aperti».

Dopo 15 giorni Matteo si è sottoposto all’intervento al secondo occhio e oggi ha finalmente recuperato la vista, iniziando una nuova e meravigliosa seconda vita. «In questi anni - ricorda Giusy - ogni volta che andavamo ai controlli, Matteo diceva sempre “un giorno io guarirò”. Ne era convinto, ha creduto in Telethon, ed è grazie a Fondazione Telethon, e grazie alle donazioni degli italiani, che tutto questo è stato possibile». Ed è lo stesso Matteo, che oggi, nella sua lettera, conclude così: «Adesso che sono guarito vedo sia quando c’è il sole, sia quando c’è la luna e sono riuscito a vedere per la prima volta le stelle. Grazie a tutti. Matteo».

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