La campagna “Io per lei” è dedicata a mamme come Barbara, che si impegna ogni giorno per rendere normale la vita della sua Arianna.

Barbara non aveva mai creduto a quella storia dell’istinto materno. Le sembrava una favola da raccontare, generazione dopo generazione, per tranquillizzare le più giovani in procinto di diventare madri. Non capiva come fosse possibile riuscire a distinguere il pianto per la fame da quello per il dolore, per lei un pianto era un pianto. E i bambini piccoli che aveva visto non sembravano così in grado di comunicare, non sanno esprimersi. Questa è Lei, una delle protagoniste della campagna di primavera di Fondazione Telethon, prima di diventare mamma di Alessandro e poi di Arianna. Due volte mamma, vissute entrambe con un’emozione che ha rimesso in discussione, in un modo o nell’altro, tutto il suo mondo. «La prima volta è totalizzante, forse ci sono arrivata con un po’ di incoscienza. È devastante e cambia tutto: hai una persona che dipende da te» racconta Barbara parlando della nascita di Alessandro.

E l’istinto materno, che credeva una favola, è arrivato senza preavviso, come una specie di interruttore che da un giorno all’altro si è acceso e non l’ha abbandonata mai.

Nasce Arianna

Proprio quell’istinto è stata la sua risorsa più preziosa da quando Arianna ha visto la luce, il 25 febbraio di 8 anni fa. Le emozioni della prima volta erano ancora tutte lì. Le difficoltà dei primi mesi erano qualcosa di già vissuto e conosciuto, Barbara e suo marito sapevano come affrontarle e gestirle. Eppure c’era qualcosa di diverso, e adesso sapeva di potersi fidare di quell’istinto primordiale:

«Quando Arianna aveva due mesi e ha avuto la prima crisi epilettica abbiamo capito che qualcosa non andava. Ma io lo sapevo da prima, sapevo che c’era qualcosa di diverso rispetto ad Alessandro. Arianna non mi guardava mai. Ancora oggi non mi guarda mai».

Barbara, mamma di Arianna

Da subito si è sospettato che si trattasse di una malattia genetica ma si brancolava nel buio, senza riuscire a dare un nome alla patologia. Quando Arianna ha compiuto un anno è arrivata la diagnosi: encefalopatia CDKL5, dal nome del gene che muta durante la gestazione. È una malattia che colpisce prevalentemente le bambine causando disturbi come l’epilessia, ritardi dello sviluppo cognitivo e autismo, fragilità ossea, ridotte capacità visive e motorie. Il quadro clinico di Arianna rientra in questa scarna descrizione: non riesce a parlare, non vede bene, vive sulla sedia a rotelle e ha già subito quattro fratture ossee. L’ultima è avvenuta proprio il giorno del suo ottavo compleanno, quando si è rotta una gamba durante una crisi epilettica. Barbara cerca di scherzarci su «con Arianna non ho mai conosciuto la noia».

Il lutto della diagnosi

Una volta avuta la diagnosi la si deve affontare: «All’inizio - ricorda - è stato quasi un lutto. Poi sapere che la malattia non è ereditaria, che si è trattato di sola sfortuna e che non avevo fatto niente di sbagliato, mi ha aiutato un po’. Ma allora ti arrabbi con il destino e ti chiedi: perché a me?».

«Ho fatto un percorso che è passato dalla rabbia alla tristezza, fino all’accettazione, anche se in realtà non la accetti mai, è solo che impari a conviverci».

E così ha lavorato su se stessa, prendendosi i suoi tempi e i suoi spazi per ricominciare a guardare il mondo a testa alta, come sempre.

La forza di Barbara è proprio l’istinto di mamma, ciò che la guida ogni giorno per cogliere ogni piccolo cambiamento, sguardo o gesto di Arianna: «Lei vede, ma non mi guarda… mi avrà guardata due volte in tutta la vita». Arianna rifugge lo sguardo, non parla, ma comunica senza parole e si fa capire: «È incredibile quanto amore riesca a suscitare in tutti grazie alla sua dolcezza infinita. Tira fuori il meglio delle persone, come con i suoi compagni di classe».

La forza necessaria

Per quanto le altre persone possano aiutare Barbara, come ogni mamma rara, sa che «la forza la devi trovare dentro di te». Anche per questo è uno dei volti della campagna di primavera di Fondazione Telethon “Io per lei”, perché ogni giorno trova la forza nell’impegno per Arianna e per la ricerca sulla sua malattia. «Ho deciso di impegnarmi in prima persona, con mia figlia, perché la parte sognatrice di me la vede guarita tra qualche anno, ma la parte razionale sa che al massimo riuscirà ad avere un miglioramento della qualità della vita. Adesso l’aspettativa è talmente bassa che anche un piccolo cambiamento sarebbe immenso: prendere un oggetto, girarsi quando la chiamo, già sarebbe un sogno».

Barbara continua il suo viaggio riconoscente a tutte le persone che le stanno accanto. Prima di tutto il marito Massimiliano, compagno di vita. I suoi genitori e i suoi suoceri. E poi le sue amiche, le mamme dei compagni di scuola di Alessandro e Arianna, e le famiglie che fanno parte dell’associazione “CDKL5 - Insieme verso la cura” di cui è presidente. E a tutti i donatori che con il loro contributo permettono a mamme come lei di continuare a sperare. Forse è questo il vero segreto di quello che chiamiamo istinto materno: non è la perfezione, non è possedere soluzioni per ogni problema che si può presentare. Ma è la capacità di non arrendersi mai.

Articolo tratto dal Telethon Notizie aprile 2021

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