Facciamo il punto sulle distrofie muscolari dei cingoli e raccontiamo un nuovo progetto di ricerca di Fondazione Telethon su queste malattie.
Per fare bene il proprio lavoro nelle cellule, le proteine devono “essere in forma”. O meglio: devono avere la forma giusta, cioè devono essere ripiegate nel modo corretto. Se le proteine sono piegate male (misfolded, in termine tecnico) il “sistema di qualità” delle cellule le riconosce come difettose e tende a eliminarle per evitare che, facendo male il proprio lavoro, facciano danni. È quello che succede nel caso delle sarcoglicanopatie, un tipo di distrofia muscolare dei cingoli causata da mutazioni in geni coinvolti nella sintesi di proteine fondamentali per il corretto funzionamenti dei muscoli: i sarcoglicani.
Sono proprio le proteine delle quali si occupa il gruppo di ricerca della professoressa Dorianna Sandonà dell’Università di Padova, nell’ambito di un progetto finanziato da Fondazione Telethon con l’obiettivo di sviluppare muscoli artificiali per poter studiare meglio le caratteristiche di base della malattia e testare possibili farmaci. Abbiamo parlato con alcune ricercatrici del gruppo di questo progetto e di un’attività di divulgazione che hanno ideato, dal titolo Small4rare.
Un correttore per i sarcoglicani
“Small, cioè piccolo, perché siamo un piccolo gruppo di ricerca e perché studiamo piccole molecole che potrebbero avere effetto terapeutico sulla distrofia dei cingoli e su altre malattie neuromuscolari rare” racconta Sandonà. Queste piccole molecole sono ‘prese in prestito’ da un’altra malattia rara, la fibrosi cistica e sono note come correttori CFTR.
“In generale è un bene che la cellula si liberi delle proteine difettose, ma nel caso della malattia anche i sarcoglicani piegati male riuscirebbero comunque a esercitare la loro funzione, se non venissero eliminati. Se vengono recuperati, si possono limitare i danni della malattia”. È una possibilità concreta, evidenziata anche in una recente pubblicazione del gruppo di Sandonà sull’importante rivista scientifica Human Molecular Genetics.
Muscoli stampati in 3D e mini-muscoli
L’idea di recuperare le proteine mutate si è dimostrata efficace nel caso della fibrosi cistica (almeno per alcuni gruppi di pazienti); per la distrofia dei cingoli servono studi specifici, ed è qui che entra in gioco il progetto finanziato da Fondazione Telethon. “Per questa malattia i modelli animali attualmente disponibili o non sono utilizzabili o sono molto complessi da ottenere” racconta Martina Scano, che ha appena concluso il suo dottorato su questo argomento.” Per questo abbiamo pensato di sviluppare muscoli artificiali, sia sani sia malati, per metterli a confronto e testare più facilmente i correttori e qualsiasi altro composto con potenziale attività terapeutica”.
Una ‘semplice’ coltura su piastra di cellule muscolari in questo caso non basta, “perché le cellule muscolari sono incredibilmente particolari: molto lunghe, fuse tra loro a formare fibre allungate, con un’architettura molto complessa” sottolinea. Così complessa che il gruppo Sandonà proverà almeno due strade:
- “stampare” muscoli artificiali in 3D a partire da cellule donate da pazienti e mescolate a un gel;
- far crescere le cellule donate su un supporto biologico in un apposito bioreattore, fino a ottenere una sorta di mini-muscolo che ricapitoli le funzioni essenziali del tessuto.
Materiali comuni per spiegare i muscoli e la distrofia
Di questo progetto, ma anche di come funzionano i muscoli e di che cosa succede quando i sarcoglicani non si comportano come dovrebbero, il gruppo di Sandonà ha parlato presentando l’attività Small 4 rare.
“Abbiamo riprodotto con materiali molto semplici – un foglio di alluminio, un filo, una cannuccia – il meccanismo attraverso il quale il difetto dei sarcoglicani porta alla malattia” spiega Paola Caccin, tra le ‘animatrici’ dell’attività. “In breve: l’alluminio rappresenta la membrana cellulare delle cellule muscolari, il filo la distrofina, una proteina fondamentale per collegare il sistema contrattile del muscolo con la matrice extracellulare e la cannuccia i sarcoglicani, che proteggono la membrana dalle sollecitazioni dovute al movimento. Se i sarcoglicani mancano, cioè manca la cannuccia, il movimento del filo fa rompere la membrana. Danneggiando il muscolo e provocando i sintomi della malattia”.
“È stato davvero entusiasmante – prosegue Caccin – scoprire negli occhi (e nelle domande) dei ragazzi che ci seguivano tanto interesse per la nostra ricerca e per il mondo delle malattie genetiche rare”. Ora la ricerca continua.