I doni della ricerca: dalla ricerca sulle malattie genetiche rare a soluzioni anche per malattie comuni

Malattie cardiovascolari, tumori, Covid-19: sono tante le malattie “comuni” che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, possono beneficiare dei risultati ottenuti dalla ricerca sulle malattie genetiche rare.

“Ogni vita conta” e “nessuno deve essere lasciato indietro”. È per queste profonde convinzioni che da oltre trent'anni Fondazione Telethon si dedica con passione e rigore alla ricerca sulle malattie genetiche rare, con l'obiettivo di dare risposte concrete a pazienti spesso trascurati da grandi investimenti pubblici e industriali. Non sono mancati risultati straordinari rispetto ad alcune di queste malattie, come lo sviluppo della prima terapia genica per l'ADA-SCID, diventata ufficialmente farmaco nel 2016, o quello della prima terapia genica per la leucodistrofia metacromatica, diventata farmaco nel 2020. O, ancora, i primi risultati positivi relativi alla terapia genica per la mucopolisaccaridosi di tipo 1. Risultati che hanno salvato decine di vite e restituito una speranza ai pazienti colpiti da queste e altre malattie rare. Ma non solo.

“Il bello della ricerca scientifica è che non ha confini, per cui le conoscenze ottenute da studi condotti in ambiti in apparenza circoscritti, come può essere quello delle malattie genetiche rare, possono rivelarsi fondamentali per ambiti più ampi e in apparenza distanti”

Manuela Battaglia, Responsabile Ricerca Telethon

Le malattie cardiovascolari

L'esempio forse più noto di questo travaso virtuoso di conoscenze riguarda la ricerca sull'ipercolesterolemia familiare, una malattia genetica rara caratterizzata da un accumulo eccessivo nel sangue di colesterolo LDL, il “colesterolo cattivo”, fin dalla giovane età e non a causa di stili di vita scorretti, ma per via di un difetto genetico che riduce la capacità del fegato di intercettarlo ed eliminarlo.

Di conseguenza, tutti i problemi cardiovascolari associati a un eccesso di colesterolo nel sangueangina, infarto, ictus – sono drammaticamente anticipati alle prime decadi di vita. Proprio studiando i meccanismi molecolari alla base di questa malattia rara due biochimici americani – Joseph Goldstein e Michael Brown, che per questi studi hanno ricevuto il premio Nobel per la medicina nel 1985 – sono riusciti a capire a fondo la regolazione del metabolismo cellulare del colesterolo. Questo ha posto le basi teoriche per comprendere a fondo il potenziale terapeutico di molecole in grado di inibire la sintesi del colesterolo che nel frattempo il collega giapponese Akira Endo aveva isolato da alcuni funghi. Parliamo delle statine che oggi, in forme opportunamente ottimizzate in laboratorio, rappresentano una delle principali categorie di farmaci impiegate in tutto il mondo per contrastare non solo l’ipercolesterolemia familiare, ma anche l'accumulo di colesterolo che non dipende in modo esclusivo da fattori genetici ed è decisamente più comune.

I tumori

Le applicazioni su larga scala di soluzioni pensate in primis per malattie genetiche rare riguardano anche una strategia terapeutica che rappresenta la punta di diamante della ricerca sostenuta da Fondazione Telethon, cioè la terapia genica.

È una strategia che permette di trattare direttamente le cellule del paziente, fornendo loro una copia corretta del gene difettoso o un altro gene che possa compensarne il malfunzionamento. In genere, il gene terapeutico viene inserito nelle cellule del paziente grazie a vettori virali: virus resi innocui dei quali viene mantenuta solo la capacità di traghettare materiale genetico di interesse.

A un certo punto, però, è diventato chiaro che con le tecnologie per la terapia genica si può non solo correggere le basi genetiche delle malattie rare, ma anche “insegnare” nuove funzioni a cellule specifiche. Per esempio a cellule del sistema immunitario, in modo da renderle più efficaci nel riconoscere e distruggere le cellule tumorali. Nasce così una particolare strategia di immunoterapia contro il cancro estremamente personalizzata, basata sulla modificazione genetica di cellule T (un tipo di cellule immunitarie) del paziente. Sono le terapie CAR-T, che in breve funzionano così: le cellule T vengono prelevate dal sangue del paziente, modificate a livello genetico grazie a un vettore virale che trasporta un gene codificante per un recettore capace di aumentare la risposta immunitaria (il recettore CAR) e reinfuse nel paziente stesso. Le prime approvazioni per l’applicazione delle CAR-T in pazienti con alcuni tumori del sangue sono arrivate in Europa nel 2018, mentre sono attualmente in corso sperimentazioni anche per tumori solidi.

Restando nell'ambito delle possibili ricadute della ricerca di Fondazione Telethon in ambito oncologico, non possiamo non menzionare la scoperta da parte del team di Andrea Ballabio dell’Istituto Telethon di Genetica e medicina (Tigem) di Pozzuoli che un meccanismo alla base di una rara malattia genetica, la sindrome di Birt-Hogg-Dubé (BHD) caratterizzata, tra gli altri sintomi, dalla formazione di cisti e tumori in vari organi, potrebbe essere coinvolto anche nella formazione di tumori indipendentemente dalla sindrome stessa. Si tratta di un meccanismo che promuove una crescita cellulare incontrollata: ora Ballabio e colleghi stanno lavorando alla ricerca di molecole in grado di inibire in modo selettivo l'attività dei geni coinvolti in questa crescita incontrollata. È il primo passo per aprire la strada alla possibilità di sviluppo di nuovi farmaci contro la sindrome BHD, ma potenzialmente anche contro alcuni tumori. Tra l'altro, si tratta di un passo compiuto grazie alla disponibilità, al Tigem, di competenze e tecnologie specifiche per lo screening su larga scala di potenziali farmaci diretti contro un bersaglio specifico, che ora sono messe a disposizione, insieme ad altre competenze, anche dell'emergenza Covid-19.

Il Covid-19

Anche rispetto all'emergenza sanitaria che ha colpito tutto il mondo non mancano le connessioni con la ricerca sulle malattie genetiche rare. Per esempio: uno dei primi vaccini sviluppati per il Covid-19, il vaccino AstraZeneca, si basa su trasferimento genico tramite un vettore virale, proprio lo stesso meccanismo della terapia genica. Il vettore, derivato in questo caso da un adenovirus, trasporta nelle cellule della persona da vaccinare le istruzioni genetiche necessarie ad attivare la sintesi di una delle proteine presenti sulla superficie esterna del virus, dando così al sistema immunitario il segnale di attivazione in caso di comparsa del virus vero e proprio. Anche se oggi su larga scala vengono preferiti altri vaccini, basati su RNA, resta l’importanza scientifica di questo risultato.

Altre conoscenze e, si spera, prospettive terapeutiche per il trattamento dell'infezione da Sars-Cov-2 potrebbero derivare dai risultati dei quattro progetti vincitori di un bando che Fondazione Telethon ha dedicato ai rapporti tra malattie genetiche rare e Covid-19.

“La priorità di Fondazione Telethon è e rimane quella di assicurare continuità alla ricerca sulle malattie genetiche rare, ma di fronte a un’emergenza che ha travolto l’umanità abbiamo ritenuto opportuno stimolare la comunità scientifica italiana a interrogarsi su come utilizzare le conoscenze acquisite negli anni in questo ambito di ricerca per migliorare la comprensione del Covid-19”, afferma Manuela Battaglia. D'altra parte, proprio per la loro complessità, queste malattie portano a indagare meccanismi biologici fondamentali per il funzionamento delle nostre cellule e del nostro organismo, anche in risposta a infezioni virali.

La virologa Anna Kajaste-Rudnitski, per esempio, sta studiando i meccanismi dell’immunità innata, la prima linea di difesa dell’organismo contro virus e batteri, considerata molto rilevante nell’infezione da Sars-Cov-2, attraverso la "lente" di una malattia genetica rara. Si tratta della sindrome di Aicardi-Goutières, caratterizzata da ritardo psicomotorio ed epilessia, oltre che da un’attivazione anormale e incontrollata proprio della risposta immunitaria innata nel sistema nervoso centrale.

Maria Teresa Fiorenza dell’Università di Roma Sapienza, invece, punta a comprendere meglio i meccanismi cellulari che Sars-CoV-2 sfrutta per entrare nelle cellule bersaglio focalizzandosi su alcuni aspetti della malattia di Niemann-Pick di tipo C. Si sa infatti che alcune mutazioni alla base di questa malattia rendono le cellule più resistenti all’ingresso e alla propagazione di alcuni virus.

E ancora: Cristina Sobacchi del Cnr e dell’Humanitas Research Hospital di Milano parte da una rarissima malattia genetica dello scheletro, la disostosi acro-fronto-facio-nasale di tipo 1 (AFFND), per identificare eventuali meccanismi cellulari che Sars-CoV-2 potrebbe sfruttare per moltiplicarsi nelle cellule bersaglio. Infine, il pediatra endocrinologo Gianni Russo, dell’Ospedale San Raffaele di Milano, sta indagando i dettagli dell’effetto dei farmaci cortisonici contro il virus Sars-Cov-2 attraverso lo studio di pazienti con iperplasia surrenalica congenita, comunemente trattati con glucocorticoidi.

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