Al via la settimana mondiale delle immunodeficienze primitive

Tanti e importanti i risultati di Fondazione Telethon su queste malattie. E grazie al Bando 2020 è stato finanziato il progetto di Federica Benvenuti  sulla sindrome di Wiskott-Aldrich.

Federica Benvenuti (in primo piano) e il suo team

Si apre il 22 aprile, la settimana mondiale delle immunodeficienze primitive, una vasta famiglia di malattie genetiche di gravità variabile - da forme più lievi ad altre molto gravi - che hanno in comune il fatto di colpire il sistema immunitario. Per Alessandro Segato, presidente AIP, Associazione Immunodeficienze Primitive, è un’occasione preziosa per portare all’attenzione di tutti temi che sono quotidianamente al centro degli interessi dei pazienti e delle loro famiglie, come la diagnosi precoce anche attraverso lo screening neonatale, la migliore terapia nel luogo più appropriato, la disponibilità di farmaco plasmaderivato, la ricerca di terapie avanzate.

I risultati di Fondazione Telethon sulle immunodeficienze

Su quest’ultimo fronte Fondazione Telethon è da sempre in prima linea, con 73 progetti di ricerca finanziati per un totale di oltre 28,2 milioni di euro. Proprio alla Fondazione, grazie al lavoro dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) di Milano, si devono la prima terapia genica per una rara immunodeficienza primitiva, l’Ada-Scid, diventata farmaco nel 2016, e l’avvio di una sperimentazione clinica - tutt’ora in corso - di un approccio sempre di terapia genica per un’altra malattia della famiglia, la sindrome di Wiskott-Aldrich. E sempre i ricercatori dell’SR-Tiget hanno mostrato di recente, per ora in modelli animali, come la rivoluzionaria tecnica di editing genetico CRISPR-Cas9, in pratica un sistema di forbici molecolari per Dna, potrebbe consentire di correggere il difetto genetico alla base della sindrome da Iper IgM, un’altra rara malattia genetica del sistema immunitario.

Il nuovo progetto di Federica Benvenuti sulla sindrome di Wiskott-Aldrich

Risultati importantissimi, certo, ma che rappresentano solo un primo passo, perché l’impegno di Fondazione Telethon anche sulla ricerca di base continua. Lo dimostra il finanziamento, con l’ultimo bando generale, del progetto di ricerca di Federica Benvenuti (già vincitrice in passato di altri bandi della Fondazione), dedicato allo studio dei processi autoimmunitari nella sindrome di Wiskott-Aldrich. Si tratta di un’immunodeficienza causata da mutazioni del gene WAS, codificante per la proteina WASP che è coinvolta nel funzionamento del citoscheletro, cioè l’insieme delle strutture cellulari che danno forma e sostegno alla cellula.

Tra le manifestazioni della sindrome, oltre a infezioni ricorrenti e a disturbi della coagulazione del sangue c’è un aumento del rischio di sviluppare tumori ematologici e fenomeni autoimmuni. Questi processi autoimmuni tendono a persistere anche dopo trapianto di midollo, l’unica terapia risolutiva attualmente disponibile, e ci sono valide ragioni per ritenere che possa accadere lo stesso anche dopo terapia genica, anche se per ora i dati disponibili non sono sufficienti per dare indicazioni certe in questo senso. «L’autoimmunità, cioè la tendenza del sistema immunitario a reagire contro componenti dell’organismo al quale appartiene, è un fenomeno in un certo senso paradossale in un’immunodeficienza come è appunto la sindrome di Wiskott-Aldrich» spiega Benvenuti. «Come atteso, le funzioni immunitarie risultano carenti, non riuscendo a difendere l’organismo dalle infezioni, ma allo stesso tempo possono scatenarsi in modo eccessivo, dando origine ad autoimmunità». Obiettivo del progetto di Benvenuti è dunque capire da che cosa dipendano questi processi a livello molecolare e cellulare: informazioni necessarie per poter mettere a punto, in futuro, terapie specifiche proprio per questi aspetti.

Il sistema immunitario “innato”

In particolare, il suo gruppo di ricerca si interessa da tempo di cellule del sistema immunitario cosiddetto innato - macrofagi e cellule dendritiche - coinvolte nel riconoscimento di agenti patogeni come virus e batteri, nella loro distruzione e nella stimolazione di altre cellule immunitarie come i linfociti. «In passato abbiamo scoperto che nei pazienti con la sindrome di Wiskott-Aldrich queste cellule non svolgono correttamente la loro funzione immunostimolatoria, contribuendo così allo sviluppo dell’immunodeficienza. Durante lo svolgimento di questi studi sperimentali ci siamo anche accorti del rilascio eccessivo di molecole infiammatorie da parte di queste cellule, una possibile causa dello scatenamento dei processi autoimmunitari». Non solo: Benvenuti e colleghi hanno anche scoperto che a innescare queste risposte eccessive sarebbe il Dna cellulare.

In una condizione “normale” il Dna delle cellule rimane confinato all’interno del nucleo o dei mitocondri. La presenza di Dna al di fuori di questi distretti è indice di danno cellulare o infezione virale e scatena la risposta di recettori deputati al suo riconoscimento, attivando le prime risposte immunitarie e infiammatorie. «La nostra attenzione si è concentrata in particolare su un sistema di riconoscimento del Dna chiamato cGAS-STING, coinvolto in una via di segnalazione che risulta iperattiva in presenza dei fenomeni autoimmuni tipici della sindrome» racconta la ricercatrice «Quello che cercheremo di capire è in che modo la proteina WASP mutata interagisca, nei pazienti con la malattia, con la via di segnalazione di cGAS-STING. Chiarire questi passaggi molecolari è il primo passo necessario per individuare possibili bersagli per terapie rivolte agli aspetti autoimmunitari della malattia».

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