A 110 anni dalla nascita un ricordo del grande scienziato italiano che fu tra i primi a credere nel lavoro della Fondazione. Susanna Agnelli lo volle come Presidente della prima Commissione Medico Scientifica.

Centodieci anni fa nasceva a Catanzaro Renato Dulbecco (1914-2012), futuro premio Nobel e fin dall’inizio grande sostenitore di Telethon: già nel 1991 aveva infatti accettato la presidenza della  Commissione Medico Scientifica, di cui era poi diventato presidente onorario tre anni dopo.

Padre ispiratore del Progetto Genoma Umano, Dulbecco è stato insignito del premio Nobel per la Medicina nel 1975 per le sue ricerche sui virus tumorali, insieme a David Baltimore e Howard Temin.

Dulbecco ha svolto gran parte della propria carriera presso centri di ricerca statunitensi. Nel 1999, anno in cui prese parte al Festival di Sanremo decise di devolvere il suo cachet, pari a 50 milioni di lire, alla creazione di un istituto che consentisse a giovani ricercatori eccellenti di svolgere in piena indipendenza la propria carriera in Italia: nacque così l’Istituto Telethon Dulbecco (DTI), grazie al quale, dopo una scrupolosa selezione, venivano assegnati ai ricercatori uno stipendio adeguato e il finanziamento del progetto di ricerca per 5 anni rinnovabili.

In un’intervista rilasciata poco prima dell’inizio della tradizionale maratona televisiva, disse:  «Mi si chiederà perché continuo a tornare in Italia e ad apparire in televisione, a novant'anni suonati. Lo faccio solo per Telethon. Una Fondazione seria che promuove una ricerca di altissimo livello in un campo, quello delle malattie genetiche rare, che purtroppo, proprio per la rarità di queste patologie, non attira gli investimenti delle industrie farmaceutiche. Telethon è nato per volontà di pazienti, che hanno affidato alla ricerca la loro speranza. I ricercatori italiani che studiano le malattie genetiche presentano i loro progetti che negli uffici di Telethon vengono valutati da esperti di grande spessore internazionale secondo criteri di rigore e di eccellenza. Che questo venga fatto in Italia sembra quasi un miracolo, ma è un sistema in uso da molto tempo nei Paesi dove si fa ricerca seriamente, là dove si va a inseguire i sogni. Una volta finanziato, il lavoro degli scienziati di Telethon è seguito con attenzione e c'è chi controlla come vengono spesi questi soldi. Solo chi ottiene buoni risultati può vedere finanziata ancora la propria ricerca. E così si va avanti».

Un altro dei motivi che legava Dulbecco a Telethon era il sostegno ai giovani ricercatori, quelli per cui era nato il programma carriere che portava il suo nome. «Sono loro - diceva - che hanno in mano il futuro: bisogna lasciarli liberi di sviluppare le idee e dare loro gli strumenti per realizzarle». Ed è proprio il tema della formazione dei giovani e della mentorship, secondo il consigliere delegato di Telethon Francesca Pasinelli, il più grande insegnamento che ci ha lasciato. «Mi fece molto rifletterequando mi disse che motivo di maggiore orgoglio per lui, più del Nobel ricevuto, era il fatto che cinque suoi allievi avessero ottenuto lo stesso riconoscimento. Riteneva la formazione alla conoscenza e all’amore per la ricerca, il principale compito di uno scienziato. Un insegnamento forse ancora non abbastanza valorizzato nel nostro Paese».

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