Il nostro impegno consiste nel continuare a svolgere al meglio il nostro lavoro: la posizione del Direttore Generale, Francesca Pasinelli, rispetto all'attuale situazione di emergenza sanitaria.

In questi giorni riceviamo molti messaggi da sostenitori della Fondazione che, oltre a informarsi su come la situazione presente abbia toccato le attività di ricerca in corso -che proseguono pur a ritmo ridotto per rispettare le misure previste - chiedono anche se abbiamo intenzione di “fare qualcosa” per l’emergenza coronavirus.

È una frase che si sente spesso. Quel “fare qualcosa” che racchiude un mondo di sentimenti: il senso di impotenza, la voglia di aiutare chi soffre, il desiderio di essere utili in qualunque modo, di dare il nostro contributo per far sì che questo momento di grande difficoltà si possa superare in tempi brevi, magari prima che arrivi a toccarci da vicino.

"La risposta è che il nostro impegno consiste nel continuare a svolgere al meglio il nostro lavoro".

E questo è importante per diversi motivi.

Innanzitutto perché la nostra missione come charity è lavorare per una comunità di persone che continuano a rappresentare un’emergenza, così come le tante altre emergenze di cui tipicamente si occupano le organizzazioni del terzo settore e che non cessano di esistere in questo momento.

Anzi, tutte le persone vulnerabili, per una patologia in famiglia o per una condizione sociale fragile,  lo sono ancora di più adesso e lo saranno nei prossimi mesi, forse anni.

Ritengo poi che, in una situazione difficile e senza precedenti come quella attuale, la tenuta del sistema sia fondamentale e, a mio avviso, la tenuta del sistema si basa moltissimo sulla capacità di tutti di assumersi la propria parte di responsabilità. Il che impone anche il continuare a svolgere il proprio ruolo senza cedere alla pressione di un’emotività diffusa che rischia di fare molti danni.

E non mi riferisco solo alle storture per cui si decide di avviare studi clinici su un farmaco consigliato via whatsapp. Sono forzature poco utili anche quelle che portano alcune organizzazioni - sull’onda di una comprensibile emotività o, talvolta, anche forse per il desiderio di continuare a farsi sentire -  a destinare fondi per scopi che esulano dal proprio mandato o ad avviare iniziative improvvisate.

Per questo a chi desidera comunque, in questo momento, supportare attività più direttamente collegate alla gestione dell’emergenza coronavirus, consiglio di rivolgersi alla Protezione civile, che più di tutti dovrebbe conoscere i bisogni al livello nazionale, o comunque a organizzazioni sanitarie che siano in grado di garantire non solo la capacità di raccogliere fondi ma anche quella, fondamentale, di saperli utilizzare.

In questo caso, impiegare in modo efficace le risorse messe generosamente a disposizione da chi dona, vuol dire, per esempio, conoscere in tempo reale quali siano le strutture e le attività da rafforzare ed essere in grado di intervenire in modo rapido laddove ci sia maggiore bisogno.

In linea con la promessa fatta ai propri sostenitori, Fondazione Telethon farà la sua parte continuando a sostenere la ricerca sulle malattie genetiche rare. Confidiamo nelle ricadute trasversali di questo patrimonio di conoscenza e faremo tutto il possibile per preservare questi programmi così preziosi dall’impatto del coronavirus.

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