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Che cos’è e come si manifesta la sindrome Kabuki?

La sindrome Kabuki è una malattia genetica rara caratterizzata da lieve disabilità cognitiva, deficit della crescita postnatale e da tipiche caratteristiche cranio-facciali (facies), tra cui: rime palpebrali allungate con esposizione (eversione) del terzo laterale della palpebra inferiore, sopracciglia arcuate e larghe con terzo laterale rado o dentellato, columella (cartilagine che separa le due narici) breve con punta del naso depressa, filtro corto, ampio e trapezoidale, padiglioni auricolari grandi, a coppa, anteversi, con lobo largo e di dimensioni aumentate. Questi pazienti possono anche presentare fessurazione del labbro o del palato (labio-palatoschisi), palato ogivale e anomalie dei denti. Le cardiopatie congenite sono piuttosto frequenti, in particolare lesioni ostruttive del cuore sinistro o difetti del setto. Frequente è anche la sordità di tipo neurosensoriale. Sordità di tipo trasmissivo possono essere causate da otite media cronica, come conseguenza di un’aumentata suscettibilità alle infezioni per deficit immunitari o di malformazioni cranio-facciali. Si stima che la sindrome abbia un’incidenza di un caso ogni 32.000 nati circa.

Come si trasmette la sindrome Kabuki?

La sindrome Kabuki si trasmette con modalità autosomica dominante: è sufficiente cioè una copia alterata del gene coinvolto per sviluppare la malattia. Un soggetto affetto ha quindi una probabilità del 50% a ogni gravidanza di trasmetterla ai propri figli. Nella maggior parte dei casi, però, la sindrome si trasmette non per via ereditaria, ma come conseguenza di mutazioni “de novo”, cioè assenti nei genitori ma originate in uno dei due gameti al momento del concepimento. Nel 56-75% dei casi è causata da mutazioni del gene KMT2D (anche noto come MLL2 o MLL4), che codifica per una proteina che regola l’espressione di particolari geni, tra i quali alcuni coinvolti nello sviluppo del muscolo cardiaco, dello scheletro e di alcune cellule del sangue. La maggior parte delle mutazioni del gene KMT2D genera quantità di proteina ridotta o anomala e non funzionante. In circa il 5% dei pazienti sono state identificate anomalie in un altro gene, KDM6A, che codifica per una proteina che interagisce con MLL2, regolando la trascrizione dei geni bersaglio.

Come si formula la diagnosi della sindrome Kabuki?

La diagnosi si basa innanzitutto sull’esame clinico: segni cardinali sono anomalie cranio-facciali, ritardo della crescita postnatale, persistenza dei cuscinetti fetali sui polpastrelli delle dita delle mani e dei piedi, deficit cognitivo. La confermata avviene con il test genetico, che rileva le mutazioni nei geni KMT2D e KDM6A.

Quali sono le possibilità di cura attualmente disponibili per la sindrome Kabuki?

Al momento non esiste una terapia specifica, ma esclusivamente sintomatica. In generale la presa in carico di questi pazienti prevede la sorveglianza immunologica, cardiaca, lo sviluppo staturo-ponderale e una fisioterapia mirata per favorire al meglio lo sviluppo psicomotorio. Sebbene la morbilità sia rilevante, l’aspettativa di vita è abbastanza favorevole e dipende per lo più dalle complicanze cardiache e immunologiche.

Ultimo aggiornamento

11.02.21

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