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Che cos’è e come si manifesta la sindrome di Pitt-Hopkins?

La sindrome di Pitt-Hopkins (PTHS) è una malattia genetica rara che rientra nell’ambito più vasto di condizioni sindromiche con ritardo psicomotorio significativo ed epilessia. È caratterizzata da disabilità intellettiva grave con importante compromissione del linguaggio, ritardo delle tappe motorie, deficit neurologici aggiuntivi, quali crisi di iperventilazione o di apnea, difficoltà a coordinare i movimenti (atassia), difetti oculari che includono strabismo, miopia e astigmatismo, convulsioni e stipsi. Il carattere di questi bambini è spesso amabile e dolce.

Come si trasmette la sindrome di Pitt-Hopkins?

Il difetto genetico responsabile della malattia è stato identificato solo nel 2007, ed è carico di un gene localizzato sul cromosoma 18. Probabilmente la malattia è molto meno rara di quanto risulta al momento, perché difficile da diagnosticare. Mutazioni di questo gene si verificano in genere per la prima volta nei pazienti: per questo il rischio di ricorrenza familiare di questa condizione è decisamente basso.

Come avviene la diagnosi della sindrome di Pitt-Hopkins?

La diagnosi si basa sull’osservazione clinica e può essere confermata dall’analisi genetica. Tuttavia è complicata dal fatto che mutazioni in altri geni possono causare un quadro clinico simile e che ci sono probabilmente altri geni non ancora noti responsabili della sindrome. Per questo diversi pazienti rimangono senza diagnosi genetica, e rimane anche incerta la valutazione del rischio di ricorrenza familiare.

Quali sono le possibilità di cura attualmente disponibili per la sindrome di Pitt-Hopkins?

Allo stato attuale il quadro clinico è difficilmente reversibile, tuttavia grazie a una diagnosi precoce è possibile intervenire tempestivamente su alcuni dei sintomi, come per esempio l’epilessia.

Ultimo aggiornamento

01.01.15

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