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Che cos’è e come si manifesta la mucopolisaccaridosi di tipo 7?

La mucopolisaccaridosi di tipo 7 appartiene al gruppo delle malattie da accumulo lisosomiale, caratterizzate dall’accumulo di sostanze di scarto all’interno dei lisosomi, organelli cellulari deputati al riciclo e smaltimento di sostanze di scarto. È una patologia molto rara: dall’inizio degli anni Settanta sono stati descritti meno di 40 casi, per quanto la malattia potrebbe essere sotto-diagnosticata. La mucopolisaccaridosi di tipo VII può manifestarsi già in fase prenatale con idrope fetale, ovvero accumulo di liquido (edema) a livello di diversi organi: queste forme sono le più gravi e spesso portano alla morte in utero. Le forme neonatali e infantili si manifestano con dismorfismi, ernie, piedi torti, disostosi, ipotonia grave e disturbi neurologici, grave disabilità intellettiva, bassa statura: l’aspettativa di vita in questi casi è piuttosto limitata. Sono comunque stati descritti anche casi più lievi e dalla prognosi migliore, che vengono diagnosticati durante l’adolescenza o la vita adulta dopo la comparsa della cifosi toracica.

Come si trasmette la mucopolisaccaridosi di tipo 7?

La malattia è dovuta al deficit dell'enzima beta-D-glucuronidasi, il cui gene è localizzato sul cromosoma 7. Sono state identificate oltre 40 mutazioni, tutte a trasmissione autosomica recessiva: per manifestare la malattia occorre cioè ereditare il difetto genetico da ciascuno dei genitori, entrambi portatori sani. 

Come avviene la diagnosi della mucopolisaccaridosi di tipo 7?

La diagnosi si basa essenzialmente sul dosaggio dell’attività enzimatica della beta-D-glucuronidasi nelle colture di leucociti e fibroblasti del paziente. L’analisi genetica consente di identificare le mutazioni, anche in fase prenatale.

Quali sono le cure attualmente disponibili per la mucopolisaccaridosi di tipo 7?

Al momento non sono disponibili terapie risolutive, ma soltanto trattamenti sintomatici che tuttavia permettono di migliorare la qualità della vita dei pazienti. Nelle forme a insorgenza tardiva il trattamento è soprattutto ortopedico. Il trapianto di midollo osseo è stato tentato in un caso lieve. Da qualche anno è disponibile la terapia enzimatica sostitutiva (vestronidasi alfa), approvata nel 2017 negli Usa e nel 2018 nell’Unione europea: la versione ricombinante della beta-glucuronidasi viene somministrata tramite infusione endovenosa e consente di migliorare gli aspetti non neurologici della malattia. Sono in corso inoltre sui modelli animali vari studi finalizzati alla messa a punto di altri approcci terapeutici, come per esempio la terapia genica.

Ultimo aggiornamento

01.09.17

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