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Che cosa sono e come si manifestano i disturbi congeniti della glicosilazione?

I disturbi congeniti della glicosilazione sono un gruppo di malattie genetiche dovute a difetti nella glicosilazione, un processo cellulare che consiste nell’aggiunta di zuccheri a specifiche proteine. La glicosilazione prevede una serie complessa di reazioni e coinvolge numerosi enzimi, uno per ogni specifico passaggio: è sufficiente che un unico enzima sia carente o funzioni male perché ne risenta il funzionamento di tutte quelle proteine per le quali la componente zuccherina è importante. Poiché la glicosilazione ha effetto su numerose proteine che svolgono le più diverse funzioni in una cellula, i disordini della glicosilazione si manifestano con svariati sintomi e compromettono molti organi. Nel 70% dei casi descritti l’enzima difettoso è la fosfomannomutasi 2 (PMM2) e la specifica patologia è definita PMM2-CDG, nota in precedenza come sindrome di Jaeken o CDG-Ia. Il disturbo della glicosilazione di tipo 2E (CDG IIe) è invece causato da mutazioni nel gene COG7, localizzato sul cromosoma 16. Il disturbo è caratterizzato da alterazioni della morfologia dello scheletro, riduzione di tono muscolare, insufficienza cardiaca e aumento di volume del fegato e della milza. I problemi neurologici legati alla sindrome CDG IIe comprendono riduzione del volume del cranio, convulsioni e atrofia di alcune parti del cervello. Il ritardo psicomotorio è il segno più frequente della malattia, a cui possono essere associati anomalie scheletriche e lipocutanee (aspetto a buccia d’arancia), atrofia olivo-ponto-cerebellare, capezzoli retratti, fibrosi epatica. Difetti nel gene PIGA sono invece associati a un disturbo dello sviluppo neurologico caratterizzato da basso tono muscolare (ipotonia) alla nascita, convulsioni e vari altri problemi che coinvolgono il sistema nervoso centrale, il cuore e il sistema urinario.

Come si trasmettono i disturbi congeniti della glicosilazione?

La maggior parte di queste malattie si trasmette con modalità autosomica recessiva: questo significa che per manifestare la malattia occorre ereditare una copia mutata del gene da ciascuno dei genitori, entrambi portatori sani. Maschi o femmine sono colpiti indistintamente. Il gene PIGA rappresenta un'eccezione perché è localizzato sul cromosoma X: generalmente, quindi, sono i maschi a manifestare la malattia quando ereditano il difetto dalla madre, portatrice sana.

Come avviene la diagnosi dei disturbi congeniti della glicosilazione?

L’indagine di laboratorio più comunemente usata per diagnosticare un difetto della glicosilazione consiste nell’analisi elettroforetica della transferrina sierica, che tuttavia non è specifica, perché non consente una diagnosi differenziale da patologie di natura diversa quali la galattosemia e fruttosemia, né di distinguere il tipo specifico di CDG. Per questo motivo, una volta che l’analisi della transferrina ha indirizzato il clinico verso una diagnosi di CDG, è necessario caratterizzare geneticamente il particolare difetto molecolare. La diagnosi prenatale è possibile una volta confermata la diagnosi del caso indice.

Quali sono i trattamenti attualmente disponibili per i disturbi congeniti della glicosilazione?

Per alcune forme di CDG ci sono trattamenti specifici, ma sfortunatamente non per la forma più comune, la PMM2-CDG, nè per la forma IIe o il difetto del gene PIGA. I trattamenti attuali tendono solo ad alleviare i sintomi.

Ultimo aggiornamento

25.08.23

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