Anche i ricercatori dell’Istituto Telethon di genetica e medicina di Pozzuoli in prima linea contro il Sars-CoV-2. Perché le conoscenze acquisite nei due ambiti di ricerca possono rivelarsi reciprocamente importanti.

Luis Galietta, ricercatore Tigem

Studiare i meccanismi molecolari e cellulari alla base di malattie genetiche rare, con l’obiettivo di utilizzare le conoscenze ottenute per sviluppare nuove strategie terapeutiche. In breve, è questa la missione dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Pozzuoli (Napoli): una missione che non solo non è mai venuta meno durante i mesi più duri della pandemia di Covid-19, ma che ha anche trovato il modo di portare il proprio contributo alla ricerca sul nuovo coronavirus responsabile della malattia.

Non è una deviazione dagli obiettivi fondamentali dell’Istituto, né un azzardo scientifico. «Per quanto possano sembrare lontani, malattie genetiche rare e virus, dunque anche Sars-CoV-2, hanno molti punti di contatto» spiega il ricercatore del Tigem Luis Galietta, che da più di vent’anni lavora sulla fibrosi cistica e che insieme ad altri ricercatori del Tigem partecipa a un progetto di ricerca specifico sul Covid-19.

«Spesso, infatti, queste malattie dipendono dall’alterazione di processi cellulari di base che possono essere coinvolti anche nelle infezioni virali, per esempio nell’ingresso del virus nelle cellule bersaglio o nella modificazione a proprio vantaggio di attività cellulari come il trasporto di proteine, oppure nella risposta dell’organismo alle infezioni stesse». Per esempio: occupandosi di fibrosi cistica, malattia genetica caratterizzata da un forte impatto negativo soprattutto sul sistema respiratorio e sul pancreas, il gruppo di ricerca di Galietta lavora in particolare sull'epitelio delle vie aree, il principale bersaglio dell'infezione. «Non è difficile pensare di poter trasferire competenze e conoscenze relative a un ambito di ricerca anche all’altro».

Certo i mesi di lockdown totale sono stati difficili per i ricercatori, che hanno dovuto ridurre al minimo le attività di laboratorio. «Però non ci siamo mai fermati del tutto - sottolinea Galietta - e per molti di noi alle prese con quei “punti di contatto” tra malattie genetiche e virus è stato naturale spostare parte dell’attenzione sul Sars-CoV-2 e metterci a lavorare insieme sulla nuova malattia, forti delle competenze specifiche di ciascuno e spinti a collaborare sempre più strettamente tra noi». È stato il primo passo per raccogliere informazioni preliminari necessarie per poter partecipare a bandi specifici di finanziamento.

Già lo scorso maggio, per esempio, è partito un progetto finanziato da Regione Campania, che vede il coinvolgimento del Tigem (con il coordinamento del direttore, Andrea Ballabio), dell’Istituto nazionale tumori Pascale, dell’Azienda Ospedaliera dei Colli di Napoli e dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno di Portici. Il finanziamento totale è di 7 milioni di euro, di cui 500 mila per il Tigem.

«L’obiettivo è l’analisi molecolare del materiale genetico estratto dai tamponi nasali e faringei di pazienti con Covid-19 di area napoletana» spiega Galietta. «Con le più avanzate tecniche di sequenziamento di nuova generazione disponibili al Tigem, viene analizzato sia il materiale genetico del virus estratto dai tamponi, sia quello delle cellule infettate, per cercare di individuare fattori del virus o dell’ospite che possano spiegare la maggiore o minore gravità della malattia, nella speranza di mettere a punto marcatori biologici utili per la definizione della prognosi».

Non solo: «Il progetto prevede anche una serie di esperimenti in vitro, con infezione di cellule dell’epitelio respiratorio da parte del virus, per verificare in che modo eventuali stimoli infiammatori preesistenti o innescati dal virus stesso possano modulare la risposta del tessuto all’infezione». Un’attività che comincerà a breve, non appena sarà completato un laboratorio con un livello di biosicurezza pari a 3, indispensabile per manipolare in modo sicuro agenti biologici pericolosi come il Sars-CoV-2.

Ma il coinvolgimento del Tigem sul Covid-19 non si esaurisce a livello regionale, perché l’Istituto è coinvolto anche in un progetto nazionale finanziato dal Ministero della Salute, partito il 12 ottobre con il coordinamento dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e la partecipazione anche dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova, dell’Azienda Ospedaliera di Verona, del San Raffaele di Milano e dell’Istituto Zooprofilattico di Portici. Di nuovo, è previsto il sequenziamento del materiale genetico virale e delle cellule dell’epitelio respiratorio prelevato da tamponi di soggetti affetti, questa volta distribuiti su tutto il territorio nazionale, ma in più ci sarà il coinvolgimento di pazienti con fibrosi cistica. «In genere, i pazienti con questa malattia genetica risentono in modo molto negativo di infezioni da parte di virus respiratori, con peggioramenti che possono rivelarsi irreversibili» sottolinea Galietta. «Nel caso del Covid-19, però, i dati a disposizione sembrano suggerire, non senza una certa sorpresa, che il decorso della malattia in questi pazienti sia meno grave, il che ha fatto pensare all’esistenza di un fattore protettivo contro il Sars-CoV-2 legato proprio alla fibrosi cistica».

Diverse le ipotesi proposte per spiegare il fenomeno: potrebbe darsi che lo stato di infiammazione cronica presente nelle vie aree nei pazienti con la malattia genetica crei un ambiente sfavorevole all’ingresso o alla proliferazione del virus, o all’avvio di quella risposta immunitaria esagerata responsabile di tanti danni nelle persone colpite da Covid-19. O, ancora, potrebbe esserci il coinvolgimento di qualche effetto diretto del difetto genico che causa la fibrosi cistica, cioè la perdita di funzione del gene CFTR. Proprio dallo studio genetico e cellulare di campioni prelevati sia a pazienti colpiti da virus sia a pazienti senza infezione si cercherà di capire quali sono gli aspetti molecolari e cellulari della malattia che ne fanno un possibile scudo protettivo contro il Covid-19. E come anticipato, proprio grazie a questi studi potranno aprirsi nuovi filoni di ricerca di cui potrebbero beneficiare anche le malattie genetiche. «Tra le possibili ricadute prevedibili, la comprensione dei meccanismi che sfrutta il virus per entrare con efficienza nelle cellule potrebbe essere sfruttata per progettare nuovi vettori utili per la terapia genica».

Il tuo browser non è più supportato da Microsoft, esegui l'upgrade a Microsoft Edge per visualizzare il sito.