Coronavirus: si studia l’infezione, con possibili ricadute per le malattie genetiche rare

Capire come il Sars-Cov-2 infetta le cellule, si replica e si diffonde è fondamentale per sviluppare nuove terapie antivirali. Ma può anche aiutare a capire meglio alcune malattie genetiche rare.

Immagine al microscopio elettronico che illustra la riorganizzazione delle strutture cellulari indotta dall’infezione da parte del virus SARS-CoV-2. Le particelle virali sono i circoletti in giallo e arancione.

Da Napoli a Siena a Heidelberg, in Germania, e ritorno, sempre sulle tracce di un nuovo virus da studiare. È il percorso di Mirko Cortese, da poco arrivato all’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) di Pozzuoli con un finanziamento di Human Technopole per studiare come si replicano i virus, in particolare i coronavirus tra i quali il SARS-CoV-2. «Ci interessa capire attraverso quali meccanismi molecolari il virus entra nelle cellule ospiti, si replica e si diffonde, ma anche come evolve in risposta ai meccanismi di difesa messi in piedi dall’organismo».

Cortese parla sempre al plurale perché sa bene che la ricerca è un lavoro di squadra. Lo ha imparato negli anni dopo la laurea in biotecnologie molecolari e industriali all’Università Federico II di Napoli: durante il dottorato a Siena, in un’azienda farmaceutica che si occupa di sviluppare nuovi vaccini (lui lavorava sul citomegalovirus) e poi nel Dipartimento di malattie infettive dell’Università di Heidelberg, dove ha cominciato a occuparsi di virus che hanno come materiale genetico l’RNA. Oggi al Tigem sta iniziando a costruire la sua squadra, dedicata al virus a RNA che tutti abbiamo imparato a conoscere nell’ultimo anno e mezzo, il SARS-CoV-2.

Virus e malattie genetiche rare: ecco che relazione c’è

Un virologo in un centro di ricerca dedicato alle malattie genetiche rare potrebbe sembrare fuori luogo, ma non è affatto così: le relazioni tra questi due ambiti di ricerca sono molto più frequenti e profonde di quanto si potrebbe pensare. «I virus non sono autonomi: per potersi replicare utilizzano meccanismi e strutture delle cellule che infettano, meccanismi e strutture spesso sono coinvolti anche in malattie genetiche rare. Fare luce sui meccanismi di infezione, replicazione e diffusione virali permette quindi di raccogliere informazioni utili non solo per sviluppare terapie mirate contro i virus stessi, ma anche per capire meglio le basi molecolari di alcune malattie».

Per esempio: uno degli interessi di ricerca di Cortese è il ruolo dei perossisomi nella replicazione di Sars-Cov-2. «I perossisomi - spiega - sono piccoli organelli cellulari con varie funzioni: recupero di sostanze che possono provocare danni alle cellule, produzione di lipidi particolari, coinvolgimento nei processi dell’immunità innata. Abbiamo scoperto che nelle cellule infettate dal virus c’è un accumulo di perossisomi in corrispondenza delle strutture utilizzate dal virus per replicarsi, i cosiddetti organelli replicativi virali, anche se non è ancora del tutto chiaro se questo accumulo abbia un ruolo antivirale o a favore del virus. Alcuni indizi fanno propendere per la seconda ipotesi e sono indizi che hanno a che fare con un gruppo di proteine dei perossisomi chiamati pexine. Mutazioni dei geni codificanti per le pexine, però, sono anche alla base di alcune malattie genetiche rare come la sindrome di Zellweger». La sindrome di Zellweger è una sindrome che si manifesta con anomalie del volto e scheletriche, convulsioni, grave disabilità cognitiva e difficoltà motorie. Chiarire i dettagli molecolari del coinvolgimento delle pexine e dei perossisomi nella replicazione del virus SARS-CoV-2 potrebbe aiutare a conoscere meglio anche questa sindrome e a trovare strategie terapeutiche per affrontarne almeno alcuni aspetti.

L’importanza della collaborazione

Per Cortese, il Tigem è un centro perfetto in cui svolgere questo tipo di studi. «C’è molta flessibilità ed è più facile che in altri luoghi sviluppare nuove idee, ma soprattutto ci sono conoscenze solidissime di biologia cellulare, molto importanti per un virologo e strumentazioni d’eccellenza». Come il microscopio elettronico, di cui abbiamo già raccontato utilizzi e potenzialità, per esempio nella ricerca sulla malattia di Wilson. «Noi lo usiamo per studiare l’architettura degli organelli replicativi virali, alla ricerca di possibili bersagli terapeutici».

E per il futuro c’è anche l’idea di portare al Tigem, attraverso la collaborazione con Human Technopole, un’evoluzione della microscopia elettronica, chiamata microscopia crioelettronica. È una tecnologia che permette di preservare al massimo la struttura delle proteine o delle strutture cellulari che si desidera studiare, attraverso un congelamento veloce dei campioni. «Sarebbe molto utile per studiare nel modo più dettagliato possibile la struttura molecolare delle proteine virali, ma anche delle proteine coinvolte nelle malattie genetiche rare».

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