Migliorare l’accuratezza diagnostica di un protocollo di screening neonatale per la Fibrosi Cistica: scelta delle soglie ottimali per i livelli ematici della tripsina immunoreattiva (IRT)

  • 2 Anni 2012/2014
  • 66.000€ Totale Fondi
La fibrosi cistica è una malattia ereditaria che si manifesta in genere già nella prima infanzia e che è causa di infezioni polmonari croniche, di gravi disturbi nutrizionali e di sterilità maschile. Per la sua elevata incidenza (1 su 3500 nati vivi, nei Paesi mediterranei) e per l’impegno assistenziale richiesto alle famiglie e ai servizi sanitari, la fibrosi cistica ha un notevole impatto sociale. Tuttavia, grazie a una diagnosi precoce e al trattamento tempestivo si possono migliorare la qualità di vita dei pazienti e la prognosi. Lo screening neonatale consente di diagnosticare la malattia prima che compaiano i sintomi, ma può comportare esito negativo nei soggetti con la malattia (falsi negativi) o esito positivo nei soggetti sani (falsi positivi). Un falso negativo comporta ritardi nella diagnosi e nella terapia con possibili gravi danni per il paziente, mentre un falso positivo richiede approfondimenti diagnostici (test del Dna, test del sudore) e provoca disagio e ansie ingiustificate per le famiglie: basti considerare che in Lombardia, per ogni neonato affetto da fibrosi cistica, si osservano ben 60 falsi positivi. Obiettivo di questo progetto è quindi valutare, grazie ai dati raccolti presso il laboratorio di riferimento regionale per lo screening neonatale dell’A.O. Istituti clinici di perfezionamento di Milano (che esegue lo screening di tutti nati in Lombardia, quasi 100mila l’anno), le prestazioni di possibili strategie alternative per effettuare lo screening della fibrosi cistica, in termini di esiti falsamente negativi e positivi, e di rapporto tra costi e benefici. La definizione di una strategia razionale, da applicare ai protocolli di screening per individuare nel modo più sicuro i neonati affetti, potrà risparmiare ai genitori le preoccupazioni, le ansie e le paure conseguenti a un esito falsamente positivo, e ridurre nel contempo i costi per il Servizio sanitario nazionale imputabili ai successivi approfondimenti diagnostici.

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