Meccanismi di trasporto delle proteine CLC coinvolte in malattie genetiche umane, e loro regolazione da parte di ligandi intracellulari ed extracellulari

  • 3 Anni 2008/2011
  • 195.000€ Totale Fondi
Le proteine CLC appartengono a una famiglia genica con nove membri nell’uomo, di cui cinque sono coinvolti in malattie ereditarie monogeniche. Quattro delle proteine CLC sono canali ionici selettivi per il cloro che contribuiscono a stabilizzare il potenziale di membrana e sono coinvolti nell’omeostasi corporea di sali e acqua. Tra questi vi è il canale ClC-Kb, che è mutato nella sindrome di Bartter, una nefropatia caratterizzata da perdita di sali. Le altre cinque proteine CLC sono localizzate nelle membrane di organelli intracellulari. Solo recentemente è stato scoperto che alcune proteine CLC intracellulari non sono canali ionici selettivi per il cloro, ma piuttosto antiporti secondari cloro/protoni. Le implicazioni di questo sorprendente risultato e il meccanismo di funzionamento di questi trasportatori CLC intracellulari sono comunque solo parzialmente conosciuti. In questo progetto intendiamo investigare in dettaglio i fondamenti molecolari e biofisici del meccanismo di trasporto del ClC-5, le cui mutazioni causano la malattia di Dent, una patologia renale che causa calcoli e può eventualmente portare a blocco renale. Per questa ricerca saranno impiegate registrazioni con patch-clamp ad alta risoluzione in combinazione con mutagenesi sito specifica e imaging di fluorescenza di nuova concezione. Inoltre, esploreremo la regolazione del trasportatore ClC-5 da parte di nucleotidi intracellulari ed il meccanismo di regolazione dei canali CLC-K da parte di ligandi extracellulari inorganici (ioni calcio e protoni) ed organici. Speriamo di ottenere così indizi sul funzionamento del trasportatore ClC-5 che possano aiutare a comprendere il meccanismo che conduce alla malattia di Dent e quindi a sviluppare strategie razionali per il suo trattamento. La modulazione dei canali CLC-K da parte di ligandi extracellulari può essere d’aiuto per lo sviluppo di strategie terapeutiche nei casi di sindrome di Bartter in cui è ancora presente un’attività residua dei canali.

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