In occasione della Giornata mondiale della talassemia, facciamo il punto sulla malattia e sulle terapie più recenti, in particolare quella basata sull’editing genetico.

Talassemia

Negli ultimi decenni, le condizioni di vita delle persone con talassemia sono decisamente cambiate: aspettativa e qualità di vita sono migliorate in modo radicale. Merito della ricerca, che ha portato alla messa a punto di una terapia cronica – cioè da seguire in modo regolare per tutta la vita – sempre più efficace, pur senza trascurare l’obiettivo dello sviluppo di terapie in grado di curare del tutto (o quasi) la malattia. Alcune di queste terapie sono già sul mercato, negli Stati Uniti e in Europa. 

Talassemia, che cos’è

La talassemia è una delle più diffuse tra le malattie genetiche rare. In Italia, i pazienti sono circa 7000 e tre milioni i portatori sani. In effetti, sarebbe più opportuno parlare di talassemie. Sono un gruppo di malattie ereditarie dovute a difetti nella produzione di emoglobina, una proteina che si trova nei globuli rossi del sangue e che ha la funzione di trasportare l’ossigeno a tutti i tessuti.

Alfa-talassemia e beta-talassemia

Poiché l’emoglobina è costituita da due tipi diversi di subunità proteiche (chiamate catene alfa e catene beta), si distinguono due tipi di talassemia, a seconda di quali sono le catene difettose: alfa-talassemia, diffusa soprattutto in Africa subsahariana e Asia e beta-talassemia, diffusa in particolare nel bacino del Mediterraneo. Proprio per la sua diffusione geografica, la beta-talassemia è chiamata anche anemia mediterranea ed è la forma di talassemia più diffusa nel nostro paese.

Come si trasmette la talassemia e chi sono i portatori sani

Partiamo dal presupposto che ciascuno di noi possiede due copie di ogni gene: una ereditata dalla mamma e una dal papà. La talassemia è una malattia a carattere autosomico recessivo. Questo significa che per essere malata, una persona deve possedere la versione “difettosa” (cioè mutata) di entrambe le copie del gene coinvolto.

Se una sola copia del gene è mutata si parla invece di portatore sano o di trait talassemico.

Quindi: la malattia si manifesta quando una persona eredita dai genitori due copie difettose del gene responsabile. Questo può succedere quando:

  • entrambi i genitori sono a loro volta malati (ma è una circostanza rara);
  • entrambi i genitori sono portatori sani, cioè ciascuno di loro ha una sola copia difettosa del gene;
  • un genitore è malato e l’altro è portatore sano.

I sintomi della talassemia

In entrambe le forme – alfa e beta – la manifestazione principale è un’anemia di gravità variabile. I portatori sani tendenzialmente non hanno sintomi o possono avere alcune lievi manifestazioni.

Talassemia major, intermedia e minor

La forma più grave è la talassemia beta, che a sua volta viene distinta in talassemia major e talassemia intermedia a seconda della manifestazione clinica e, di conseguenza, del tipo di alterazione genetica.

Nella talassemia major si ha fin dai sei mesi di vita una grave anemia che richiede trasfusioni di sangue per tutta la vita. Ci sono inoltre ittero, ritardo nella crescita, ingrossamento di fegato e milza e anomalie ormonali. A lungo termine, per trasfusioni possono comportare sovraccarico di ferro, soprattutto a carico di fegato e cuore.

Nella talassemia intermedia, invece, il quadro clinico e l’età di esordio possono variare notevolmente e andare da uno stato praticamente asintomatico a quello del paziente affetto da talassemia major. Talassemia minor, infine, è la forma del portatore sano.

Quanto vive una persona con talassemia?

Negli ultimi decenni, le condizioni di vita delle persone che affrontano la malattia sono cambiate radicalmente. L’aspettativa di vita si è allungata in modo notevole e anche la qualità è decisamente migliorata.

Come si cura la talassemia

“Può essere tenuta sotto controllo con trasfusioni di sangue regolari, all’incirca ogni 15-20 giorni, e con terapie che riducono gli effetti collaterali delle trasfusioni ripetute come l’accumulo di ferro” spiega Sarah Marktel, ematologa esperta di anemie ereditarie e di terapia genica per la talassemia presso l’Ospedale San Raffaele di Milano.

Da un paio d’anni è anche disponibile una nuova molecola che stimola la produzione e la maturazione dei globuli rossi, aiutando così a ridurre la frequenza delle trasfusioni. Tutto questo consente una vita sempre più lunga e piena. I pazienti oggi studiano, lavorano, diventano genitori, ma è comunque una vita condizionata dalle terapie e dai loro effetti collaterali.

C’è però anche una terapia risolutiva, cioè il trapianto di midollo osseo o di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale. “Le cellule staminali del sangue del paziente, che sono le progenitrici di tutte le cellule del sangue. Provviste del difetto genetico responsabile della talassemia, vengono poi sostituite da cellule staminali del sangue di un donatore, senza difetti genetici” spiega Marktel.

Purtroppo, però, ci sono dei limiti. Bisogna trovare un donatore compatibile e c’è il rischio di una grave complicanza – la malattia del trapianto contro l’ospite – in cui le cellule del donatore attaccano l’organismo che le ha ricevute.

Terapia genica per la talassemia

Proprio per aggirare i limiti del trapianto si è cominciato a pensare all’ipotesi di una terapia genica per la talassemia. “L’idea – precisa Marktel – è quella di fornire alle cellule staminali del sangue del paziente stesso una copia funzionante del gene difettoso, responsabile della malattia”.

Il primo step è il prelievo delle staminali del paziente, modificate geneticamente in laboratorio con l’inserimento del gene sano. Questo viene trasportato nelle cellule attraverso uno speciale taxi molecolare – in gergo si chiama vettore –. Basato su un virus modificato perché mantenga le sue capacità di trasportatore di materiale genetico, perde però tutte le caratteristiche di pericolosità per l’ospite. Infine, le cellule modificate sono reinserite nel paziente, dove potranno finalmente produrre l’emoglobina necessaria.

Negli Stati Uniti è già disponibile una terapia genica di questo tipo per la beta-talassemia, messa a punto da ricercatori francesi e statunitensi e poi prodotta dall’azienda americana BlueBirdBio. In Europa, invece, la terapia non è disponibile perché l’azienda non ha raggiunto l’accordo desiderato sul prezzo con gli enti regolatori.

Sperimentazioni e costi

Quello dei costi, del resto, è il vero tema caldo del momento nell’ambito delle terapie avanzate a base di DNA, o capaci di modificarlo direttamente, per malattie genetiche rare. Sono terapie molto costose da produrre, a fronte di un numero relativamente esiguo di pazienti alle quali possono essere somministrate. Una combinazione che può far perdere interesse alle aziende produttrici.

È quanto accaduto per la terapia genica per ADA-SCID messa a punto dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele Telethon di Milano (SR-Tiget). A fronte di un passo indietro dell’azienda produttrice, che rischiava di lasciare i pazienti senza questa terapia, Telethon si è assunta la responsabilità della sua produzione e distribuzione.

La Fondazione continuerà a fare la sua parte anche rispetto alla terapia genica per la beta-talassemia. Aveva cominciato a sviluppare già una quindicina di anni fa grazie al lavoro del gruppo di ricerca guidato da Giuliana Ferrari sempre all’SR-Tiget. I primi risultati clinici sperimentali erano stati positivi, ma le aziende inizialmente coinvolte nello sviluppo del nuovo farmaco avevano poi deciso di abbandonare il campo.

Giuliana Ferrari ed il suo team

Ora Fondazione Telethon ne sta riprendendo in mano la sperimentazione con un nuovo protocollo ottimizzato, in collaborazione con Ospedale Pediatrico Bambin Gesù e grazie ai contributi previsti dal PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza,

Editing genetico e talassemia

Intanto, però, tra fine 2023 e inizio 2024 è arrivata sul mercato sia negli Stati Uniti sia in Europa la prima terapia per beta-talassemia e anemia falciforme basata sull’editing genetico. “A differenza della terapia genica, che funziona aggiungendo copie funzionanti di un gene, l’editing permette di intervenire direttamente sul DNA del paziente, correggendone il difetto genetico o recuperandone altre funzioni genetiche” spiega Marktel.

In particolare, questa terapia funziona attivando nelle cellule del paziente un gene codificante per una forma di emoglobina. Normalmente risulta attivo durante la vita fetale, ma poi si spegne.

In seguito a questa modifica, le cellule ricominciano a produrre emoglobina fetale funzionante, che compensa quella adulta difettosa. “Questa terapia ha suscitato un grande interesse” commenta l’ematologa. “D’altra parte, è una terapia giovane. Sarà tenuta a lungo sotto osservazione per verificare che non comporti a distanza di tempo effetti collaterali potenzialmente gravi”.

La ricerca, comunque, non si ferma neppure su fronti più tradizionali. “Le terapie avanzate non potranno curare tutti in tutto il mondo, sia perché sono molto costose sia perché – come tutte le terapie – per alcuni pazienti non saranno indicate”, precisa Marktel.

Anche in questo caso Fondazione Telethon è in prima linea. Con il finanziamento di vari progetti, si occupa proprio di individuare nuovi approcci terapeutici in grado di migliorare la qualità della vita delle persone con talassemia.

Per esempio, l’impatto della malattia non si limita all’anemia: i pazienti riscontrano spesso problemi ossei tipici dell’età avanzata, come osteopenia e osteoporosi. Proprio sulle cause – e le possibili soluzioni – a questo problema sta lavorando il gruppo di ricerca della professoressa Ferrari.

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