Storia di Jona, che dalla Foresta Nera è venuto in Italia per ricevere la terapia genica con la speranza di contrastare la rara malattia genetica del sistema nervoso che ha colpito anche il suo fratello maggiore.

Jona oggi va a cavallo

L’album del 2018 mostra una famiglia felice, da cartolina: mamma e papà, tre figli e un altro in arrivo. Una casa nel bosco alle porte della Foresta Nera, in Germania, un cane e un gatto che scorrazzano insieme ai bambini. Nessuno avrebbe immaginato che di lì a poco tutto sarebbe cambiato per sempre.

«Ci siamo accorti che qualcosa non andava in nostro figlio Jannis quando ha cominciato ad avere comportamenti strani: non si ricordava il nome della nonna, parlava di piume degli uccelli riferendosi ai capelli – ricorda Angela, la mamma. «Poi ha iniziato a trascinare i piedi, come se non riuscisse ad alzarli bene: aveva sette anni, ormai aveva imparato a camminare da un pezzo. Peraltro, io dirigo un asilo e ho davanti a me bambini tutti i giorni: mi sembravano dei campanelli d’allarme e abbiamo così deciso di fare degli accertamenti».

Purtroppo, quei sospetti si rivelano fondati. E la diagnosi che arriva è non solo inattesa, ma terribile: Jannis ha la leucodistrofia metacromatica, una malattia genetica di cui i genitori erano inconsapevolmente portatori sani. A causa della carenza di un enzima, porta alla degenerazione progressiva del rivestimento isolante dei nervi, con conseguenze irreversibili sulle capacità motorie e cognitive acquisite e, purtroppo, senza che si possa fare nulla per arrestare il declino.

«Dopo la diagnosi, la nostra reazione immediata è stata di rimozione, di rifiuto: non volevamo sapere, né capire fino in fondo cosa sarebbe capitato a nostro figlio».

Angela, mamma di Jona

«Abbiamo cominciato a fare ricerche on line su quella malattia mai sentita prima e non potevamo capacitarci che quello sarebbe stato il destino del nostro Jannis. Anche per questo non abbiamo voluto conoscere altre famiglie con lo stesso problema, non volevamo trovarci davanti a quello che sarebbe potuto succedere con il tempo anche al nostro bambino».

Da Jannis a Jona

Come se non bastasse, ad aggiungere angoscia alla coppia c’era anche il pensiero del nuovo figlio in arrivo: avrebbe ereditato anche lui il difetto genetico? La genetica parlava chiaro, avrebbe avuto una possibilità su quattro di nascere con la stessa malattia del fratello maggiore. A tre mesi dalla nascita, avvenuta nell’ottobre del 2018, anche il piccolo Jona, il nuovo arrivato, viene sottoposto al test. Purtroppo, si rivela positivo, ma dopo qualche mese una luce si accende in quel buio profondo: i medici dell’ospedale di Tubinga che seguivano i due fratellini spiegano che un gruppo di medici e ricercatori italiani stanno sperimentando da diversi anni una terapia genica messa a punto nei laboratori dell’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano. I risultati ottenuti fino a quel momento sono incoraggianti se la terapia viene somministrata prima dell’esordio clinico: se per Jannis la malattia è già in fase troppo avanzata, per Jona c’è ancora tempo.

«Non ci abbiamo pensato su neanche un minuto. L’esperienza con nostro figlio grande ci ha fatto toccare con mano quanto velocemente questa malattia possa progredire e portarsi via tutte le capacità e abilità. Volevamo provare a risparmiarlo almeno al nostro figlio minore».

Angela, mamma di Jona

«Abbiamo subito accettato questa possibilità, pieni di speranza Alla fine dell’estate eravamo già in Italia con la famiglia al completo per sottoporre Jona a tutti i controlli che, auspicabilmente, avrebbero confermato la sua idoneità al trattamento. Lo staff di “Come a casa” ci ha accolto tutti in modo davvero amorevole: nella settimana in cui siamo stati a Milano anche gli altri nostri figli hanno sentito meno il peso di quello che stavamo vivendo grazie a queste persone».

Il secondo compleanno di Jona

L’11 ottobre del 2019 è per Jona un secondo compleanno: è quel giorno, infatti, che ha ricevuto le sue cellule staminali del sangue, prelevate in precedenza e congelate dopo la correzione con il vettore virale contenente una versione sana del gene che in lui è difettoso. Un giorno speciale come ricorda la mamma con un sorriso, a quattro anni esatti di distanza. «A ripensarci è stata dura restare quasi due mesi lontani dal resto della famiglia – ricorda Angela. Dopo la terapia genica, infatti, siamo dovuti restare diverse settimane in isolamento per dare modo all’organismo di Jona di riprendersi dalla chemioterapia ricevuta per far posto alle sue nuove cellule. Siamo stati aiutati dal pensiero che quella terapia, per quanto impegnativa, avrebbe potuto offrire un futuro diverso a nostro figlio. Molto bella è stata anche l’attività di musicoterapia organizzata dallo staff di “Come a casa”, ci siamo divertiti molto!».

Rientrati a casa per Natale, non immaginavano che di lì a breve il mondo intero si sarebbe fermato, imponendo l’isolamento in casa a tutti a causa della pandemia causata dal nuovo coronavirus. Per quanto duro e complicato, tra lockdown e didattica a distanza, quel periodo è trascorso in modo abbastanza tranquillo per Jona e famiglia, grazie anche al fatto di vivere in mezzo alla natura e non in un condominio cittadino. Proprio alla fine del 2020, l’anno in cui la pandemia da COVID-19 è iniziata, la terapia genica per la leucodistrofia metacromatica è stata approvata in Europa come farmaco: non più terapia sperimentale quindi, ma farmaco a tutti gli effetti.

«All’inizio, quando non si sapeva nulla di questo nuovo virus eravamo molto preoccupati, soprattutto per Jona e Jannis – ricorda Angela. Cosa sarebbe successo se lo avessero preso? Quando avrebbero potuto vaccinarsi e, soprattutto, come avrebbero reagito? In realtà poi hanno contratto il COVID e hanno superato l’infezione senza problemi particolari, hanno avuto solo un po’ di febbre».

«Oggi Jona sta bene, ama molto andare a cavallo e i suoi occhi sprizzano di gioia quanto monta in sella».

Angela, mamma di Jona

«Facciamo una vita normale, la più normale possibile, cercando di fare quello che fanno tutte le altre famiglie: certo, Jannis richiede delle attenzioni particolari e un po’ di tempo in più, ma riusciamo a fare tutto. Guardando Jona è bello pensare a quello che la terapia genica può fare, ecco perché la ricerca scientifica deve andare avanti per altre malattie e altri bambini».

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