Miriam Casiraghi è un'infermiera, ma non nel senso tradizionale del termine: è un'infermiera di ricerca, una qualifica che si è meritata sul campo, portando nella sua professione una capacità di gestione dei processi tipica della ricerca.

Miriam insieme alla famiglia di Jacob, un bambino americano a cui la terapia genica ha restituito una nuova vita

Dal 2007 è parte integrante dello staff di Alessandro Aiuti, presso l'Istituto san Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) di Milano, dove rappresenta il punto di riferimento per tutti i pazienti che prendono parte alle sperimentazioni cliniche e anche per le loro famiglie.

Si occupa della parte logistica del loro soggiorno in Italia, informa i genitori su cosa mettere in valigia e sulle precauzioni da usare nella vita quotidiana prima e dopo il trapianto di cellule staminali, per evitare che i bambini contraggano infezioni, e raccoglie i campioni di sangue necessari per il monitoraggio post operatorio.

Negli anni tra Miriam e i pazienti si è creato un legame: i bambini e le famiglie le scrivono, la contattano su Facebook, le mandano foto di quelle esperienze che finalmente possono fare grazie alla terapia.

«Qualche giorno fa - racconta - uno di loro mi ha scritto, dopo essere stato al mare con i genitori, per chiedere se "visto che salviamo tutti" potevamo curare anche un pesciolino morto che ha trovato sulla spiaggia!».

Miriam parla correntemente inglese, francese e russo. A volte è lei che si trova a viaggiare per il mondo per seguire il follow-up dei pazienti.

La sua memoria è piena di bellissimi ricordi. Uno in particolare riguarda un bambino su cui inizialmente la terapia sembrava non funzionare: «eravamo molto in ansia, per la prima volta non ci sentivamo sicuri dell'esito ma poi tutto è andato per il meglio e quando un anno dopo è tornato per i controlli con l’aspetto sano e normale da poterlo "confondere" con suo qualunque coetaneo ho provato una gioia indescrivibile».

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