Ogni giorno può essere quello giusto per trovare la cura

Scrive per noi Giuseppe, papà di Filippo colpito da atassia teleangectasia.

Il nostro Filippo è un ragazzo straordinario, sorridente e attento. Ha una voglia di vivere contagiosa, e la sua saggezza forse tradisce le sofferenze che ha patito a causa dell’atassia teleangectasia. È questo il nome della malattia genetica che l’ha costretto sulla sedia a rotelle e che non gli consente di muoversi come vorrebbe e dovrebbe fare un ragazzo di 18 anni.

Ce ne siamo accorti già a due anni che qualcosa non andava per il verso giusto. Io e mia moglie Amalia avevamo già avuto due figlie, Danila e Daria, quando finalmente è arrivato il tanto desiderato maschietto. Perciò credevamo di sapere cosa aspettarci. E invece non sapevamo niente.

Filippo ha cominciato a mostrare incertezze nei movimenti, poi una mancanza di coordinazione che sembrava peggiorare sempre di più, e un’immunodeficienza che lo esponeva a infezioni ricorrenti. Ci siamo rivolti a diversi medici prima di ricevere una diagnosi certa.

«Quando ci hanno detto che non esiste cura per l’atassia di Filippo e che le sue speranze di vivere la vita che meritava erano poche, per un attimo abbiamo pensato di lasciarci sprofondare nel panico, pur non di non affrontare tutto questo ».

Giuseppe, papà di Filippo

Ci sembrava che qualcosa di terribile ci avesse colpito per sbaglio, rendendoci improvvisamente talmente rari da essere soli.

La forza per risalire ce l’ha data proprio Filippo. È lui che ci ha fatto capire che non avremmo dovuto permettere a tutto questo di spezzare le nostre vite. Eravamo, e siamo ancora, una bella famiglia. E finché siamo insieme, nulla ci potrà abbattere.

Ci siamo rimessi in moto. Mia moglie ha lasciato il lavoro per stare accanto a Filippo, abbiamo fatto i salti mortali per non far mancare tutto il nostro amore a lui e alle sue sorelle.

E poi grazie a Fondazione Telethon abbiamo scoperto di essere rari sì, ma mai soli.

abbiamo conosciuto altre famiglie affette da atassia teleangectasia. Oggi le nostre forze si sono riunite in un’associazione nazionale perché crediamo profondamente nel lavoro di squadra. Abbiamo capito che, uniti, possiamo affrontare e superare qualsiasi limite. Forse senza Telethon non ci avremmo mai neanche pensato, e invece essere entrati nel mondo della ricerca sulle malattie genetiche ci ha aperto gli occhi su quanto ogni piccolo passo, ogni piccolo gesto siano importanti nel cammino verso la cura. Io seguo l’esempio di mio figlio, affronto la vita quotidiana senza pensare troppo al futuro. Ma tutti i giorni mi alzo con il sorriso perché penso che potrebbe essere proprio quello il giorno in cui un ricercatore scoprirà il modo per regalarmi altro tempo da passare con Filippo.

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