I due gemelli nati con la mucopolisaccaridosi di tipo 4, sono consapevoli della loro malattia e spesso seguono in piazza mamma Adi, volontaria Telethon, perché «tutti devono capire».

Questa è la storia di una mamma e dei suoi due gemelli di 11 anni, Matteo e Sofia, molto diversi tra loro, ma accomunati da una inconfondibile caratteristica: la luce negli occhi. Era il 2011 quando in cui in sala parto si sono sentite le loro urla come volessero dire al mondo “siamo arrivati”, riempiendo di gioia il cuore di mamma Adi e papà Marco.

«Loro sono la mia vita - racconta Adi - e anche se sono gemelli, hanno caratteri molto diversi. Sofia è una chiacchierona, gioviale, ed è femmina al 100%, in tutte le sue manifestazioni e atteggiamenti; Matteo è più riflessivo, ti studia prima di darti confidenza, ed è molto severo con se stesso. Matteo piange se a scuola prende un 9, a Sofia non importa nulla, gioisce anche quando prende un 7!»

Quando mamma Adi parla dei suoi figli è un flusso di emozioni, e racconta i loro frammenti di quotidianità come se aprisse la porta della loro casa. «Più si parla, più si conosce»  dice Adi, e questa condivisione ha portato nelle loro vite persone speciali e attente, come la pediatra dei bambini, che per prima si accorge che qualcosa non va.

«Il loro futuro è nelle mani della ricerca»

Adi, mamma di Matteo e Sofia

Quel primo allarme si rivela importante perché dà inizio ad un lungo iter di controlli, ma solo quando i bimbi hanno compiuto i 3 anni, e vengono sottoposti a specifici test genetici all’Ospedale Mayer di Firenze, si arriva alla definizione di una diagnosi: MPS4, ovvero mucopolisaccaridosi di tipo 4 (MPS4, o sindrome di Morquio), una rara malattia genetica caratterizzata da progressiva deformità delle ossa e delle articolazioni, che compromette gravemente la crescita e le capacità motorie. Davanti allo sconforto, Adi reagisce affrontando tutto con grande determinazione, ed è così che si informa, entra a far parte dell’”Associazione MPS onlus” di cui oggi, vivendo la famiglia a Pistoia, è coordinatrice in Toscana, e diventa volontaria Telethon.

«Il loro futuro è nelle mani della ricerca - dice Adi -. Oggi i miei figli sono consapevoli della loro malattia, e quando mi vedono andare in piazza per le campagne Telethon di raccolta fondi, vogliono venire con me per parlare con le persone e mi dicono “mamma, veniamo anche noi perché tutti devono capire”, e Matteo mi chiede sempre se un giorno ci sarà una cura».

Matteo e Sofia partecipano all'attività di volontariato per Fondazione Telethon della mamma

Davanti a questa domanda, Fondazione Telethon vuole dare una risposta positiva, quella della ricerca scientifica capace di arrivare a traguardi concreti fatti di cure e terapie che possano aiutare Matteo, Sofia, e i tanti bambini affetti da malattie genetiche rare a crescere e coltivare i propri sogni. Ed è per questo che #FacciamoliDiventareGrandi deve essere obiettivo di tutti.

Fino ai 7 anni i bambini non presentavano troppi problemi, ora invece Sofia ha una cifosi molto evidente e Matteo ha necessità di spostarsi con il deambulatore e con la carrozzina per i tragitti più lunghi. Entrambi hanno beneficio dalla fisioterapia e dalle attività in piscina, che adorano perché in acqua si sentono leggeri.

«Essere una mamma rara mi ha insegnato a non dare niente per scontato, a guardare la vita da un’altra prospettiva, a gettare lo sguardo oltre ostacolo e ad accettare con serenità ogni nuovo giorno».

Adi, mamma di Matteo e Sofia

«I peggioramenti sono stati graduali - spiega Adi - e questo ha permesso loro di metabolizzarli. Matteo mi diceva “mamma, io sto peggiorando”, era lui stesso che se accorgeva, ed io ero sempre pronta a sostenerlo, ma anche ad insegnarli a reagire. Abbiamo avuto la grande fortuna di trovare una fisioterapista speciale che li ha sempre motivati. L’anno scorso ha regalato un costumino da sirenetta a Sofia, e lei ora sa nuotare muovendo le gambe proprio come una sirena!».

Quest’anno Matteo e Sofia frequentano la prima media, ed hanno entrambi degli amici con cui hanno stretto forti legami, racconta Adi: «Ho scelto di non farli stare in classe insieme perché sono due persone diverse e hanno bisogno di avere una propria individualità e i propri amici. Sofia ha una sua amica del cuore, ma è generosa con tutti. Se un’amica vuole il suo giubbotto, lei se lo toglie e glielo regala. Matteo invece ha un migliore amico di cui dice “lui sa che con me può fare le cose sedute, poi quando vuole giocare a pallone deve cercarsi altri amici”».

Una quotidianità fatta di dialogo in famiglia, amore e intesa speciale, in cui Adi è una leonessa che protegge i suoi cuccioli ma li sprona anche ad essere autonomi e a coltivare i propri sogni: «Io li aiuto pochissimo, devono fare da soli fin dove arrivano, perché riuscire ad essere autonomi li fa sentire più sicuri. Questa malattia mi ha insegnato la calma e il valore di ogni istante. Io non dico mai “tra due mesi”, ma questo non vuol dire rinunciare ai sogni, anzi, io sogno insieme ai miei figli. Sofia ama ballare, ma visto che non ci riesce, ha deciso di dedicarsi alle coreografie, e le insegna a tutte le sue amiche. Matteo invece ha una profonda passione per le macchine, ed il suo sogno è fare un giro sulla Ferrari».

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