Convivere con la malattia ma non arrendersi: la storia di Giacomo

“Con Giacomo contro Ehlers-Danlos Syndrome vascolare-APS” è tra le associazioni che hanno aderito al progetto “Fall Seed Grant 2021” di Fondazione Telethon per il finanziamento di progetti di ricerca sulla sindrome EDv.

Le malattie rare sono spesso quelle dimenticate, quelle a cui i medici pensano quando non trovano altre spiegazioni. Così quando una diagnosi irrompe nella vita di un ragazzo di 35 anni come Giacomo, il sollievo di poter rispondere a mille domande si mescola alla preoccupazione di conoscere un destino che sembra già scritto.

A Giacomo la diagnosi è arrivata nel 2017, quando di anni ne aveva 30, e il suo destino si chiama sindrome di Ehlers-Danlos, un gruppo di malattie ereditarie dovute a un difetto nella produzione del collagene. Nella variante di Giacomo la mancanza di collagene si manifesta soprattutto a livello vascolare, per cui ha delle arterie e dei capillari molto fragili.

Giacomo ha sempre condotto una vita normale, pieno di amici e di giornate vissute serenamente. Certo, c’erano quegli ematomi che spuntavano subito appena urtava qualcosa e si espandevano rapidamente. Poi c’era stato quel malore a 18 anni, proprio mentre stava andando alla sua festa di compleanno, che l’aveva portato all’ospedale in preda a dolori fortissimi: quella notte Giacomo era stato operato perché gli era scoppiato il sigma finale del colon e dopo l’intervento sono seguiti due mesi in cui è rimasto stomizzato.

Ma tutto questo è sempre rimasto in un angolino della sua mente, per non turbare la vita che stava costruendo giorno dopo giorno.

«Non ho mai voluto passare il tempo a cercare di capire cosa mi sarebbe potuto succedere»

Giacomo

Nel 2014 si è sottoposto a un controllo dermatologico e il medico ha posto l’attenzione su alcuni particolari: i tessuti connettivi erano lassi e poco densi, e la cicatrice dell’intervento di Giacomo sembrava non guarire del tutto, nonostante fossero già passati dieci anni. Così l’ha spinto a fare un test genetico e nel 2017 è arrivato il risultato che metteva al loro posto tutti i tasselli.

Dopo la diagnosi Giacomo ha continuato la sua vita nel modo più normale possibile, perché «la malattia era una cosa che stava là, ma non ho mai voluto passare il tempo a cercare di capire cosa mi sarebbe potuto succedere». E così Giacomo si è laureato ed è diventato avvocato. Ha conosciuto Martina e si è innamorato; con lei si è sposato e hanno avuto una bambina, Flavia, che oggi ha due anni e mezzo. Una vita felice, piena di cose da progettare e da fare.

Ha funzionato fino allo scorso anno, in cui ha subito quattro interventi in soli cinque mesi per togliere un aneurisma dopo l’altro. Il 2021 è stato un punto di svolta sotto tanti punti di vista. Per Giacomo, la malattia è diventata «una croce da portare, con cui convivere. E così mi trovo a svegliarmi la mattina a pensare a chissà come si concluderà la giornata. Ancora non riesco ad allontanarmi da Roma, a pensare di dormire anche una sola notte fuori, ma con il tempo supererò questo scoglio».

La nascita dell’associazione

Trascinati dalla preoccupazione per questi interventi ravvicinati, mamma Maria Chiara e papà Pietro, insieme ad amici e parenti intorno a Giacomo,i hanno deciso di non stare fermi, cercando di prendere in mano il destino nell’unico modo possibile: incentivando e supportando la ricerca scientifica sulla malattia. Così, anche grazie all’aiuto di Fondazione Telethon, hanno fondato un’associazione, intitolandola proprio a lui: “Con Giacomo contro Ehlers-Danlos Syndrome vascolare”.

Giacomo sa che è un percorso lungo ma non perde la speranza nella ricerca, ed è per questo la giovanissima associazione che porta il suo nome ha deciso di partecipare al progetto “Fall Seed Grant 2021” per stimolare la ricerca sulla sindrome di Ehlers Danlos vascolare e per investire i fondi raccolti nel modo più efficace possibile: «Telethon è il nostro referente, e sappiamo che la ricerca è l’unica soluzione per riscrivere il futuro».

Intanto Giacomo segue una terapia a base di vitamina C, che prende per bocca e per via endovenosa, per cercare quanto meno di mantenere la situazione stabile. Sembra un desiderio da poco? Per chi non ha a che fare con una malattia rara può sembrarlo, ma per lui la felicità sarebbe «che rimanesse tutto così anche in futuro, per avere l’opportunità di passare le giornate a giocare con mia figlia, a stare con mia moglie». A volte con una malattia genetica rara è il più grande progetto che si possa immaginare. 

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