Biologia e informatica: un connubio non solo possibile, ma ormai indissolubile. Oggi la ricerca biomedica si avvale moltissimo del computer, non solo per archiviare e gestire quantità sempre maggiori di dati, ma anche per condurre esperimenti virtuali capaci di simulare il vivente e proporre nuove soluzioni per problemi disparati.

«Questo non significa che stiamo mandando in soffitta provette e microscopi» spiega Diego di Bernardo, ingegnere biomedico che lavora all’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Napoli.

«Anzi, la ricerca del futuro sarà sempre più integrata e multidisciplinare. Grazie al lavoro al bancone oggi sappiamo molto su come funzionano cellule e tessuti: questi dettagli molecolari permettono a noi che invece lavoriamo davanti allo schermo di costruire modelli matematici piuttosto fedeli di quanto avviene negli organismi viventi».

Al Tigem, infatti, di Bernardo e il suo gruppo lavorano in tandem con gli altri ricercatori impegnati nello studio delle malattie genetiche come l’iperossaluria primaria di tipo 1, una rara malattia metabolica caratterizzata dall’accumulo di ossalato di calcio nei tessuti.

«Grazie al computer possiamo letteralmente “togliere” il gene responsabile della patologia e simulare i cambiamenti metabolici che avvengono nella cellula come conseguenza della mutazione. Poi torniamo dai nostri colleghi medici e biologi per verificare se i nostri risultati sono coerenti con quanto loro osservano nei pazienti o nei modelli di laboratorio».

La ricerca farmacologica ha beneficiato molto dei progressi dell’informatica: grazie alle crescenti prestazioni dei calcolatori è possibile testare l’attività di migliaia di composti alla volta e simulare, per esempio, il legame tra la proteina coinvolta in una patologia e una serie di molecole in grado di modificarne l’attività in senso favorevole.

«Il principio è molto semplice, ma nella pratica ci sono diverse difficoltà» commenta Giovanna Musco, ricercatrice dell’Istituto Telethon Dulbecco che lavora presso il San Raffaele di Milano. «Le proteine non sono oggetti rigidi e statici, si muovono continuamente. Per predirne l’attività non basta quindi conoscerne la struttura, occorre studiarne anche il movimento nello spazio: senza il computer non sarebbe possibile farlo». Ecco allora che il pc consente di riprodurre una proteina a livello dei singoli atomi e di simulare, in una successione di fotogrammi simili a quelli di un film, come si muove e cambia conformazione in risposta a stimoli esterni.

La statistica, poi, aiuta a interpretare il film e a scovare la scena più interessante: nel caso del gruppo di Giovanna Musco gli “attori” studiati sono le integrine, proteine coinvolte in svariate attività dell’organismo e compromesse in alcune forme di tumore e di disturbi ereditari della coagulazione.

«Simulando al computer l’incontro delle integrine con varie molecole, siamo riusciti a dare delle indicazioni utili ai colleghi impegnati nello studio di farmaci mirati a bloccarne l’attività. Non basta infatti che ci sia un legame, bisogna che l’integrina rimanga nella conformazione “a testa in giù”: soltanto così abbiamo davvero l’effetto farmacologico desiderato».

Visualizzare a livello atomico il movimento delle proteine può dare un contributo importante al disegno di farmaci specifici, ma naturalmente l’ipotesi deve poi essere verificata a livello sperimentale: «altrimenti, si rischia che rimanga solo un bel film…».

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