Sono tra gli organi più delicati e possono essere colpiti da malattie rare come il rene policistico. In occasione della Giornata Mondiale del Rene abbiamo intervistato Christodoulos Xinaris, dell’Istituto Mario Negri, lavora a un progetto finanziato da Telethon su una possibile terapia.

I reni sono gli spazzini del nostro corpo. Se hanno problemi e non funzionano bene, si accumulano rifiuti tossici che danneggiano l’organismo. Un po' come una città che rischia di soffocare sotto i rifiuti che essa stessa produce, se il sistema di smaltimento va in tilt.

«I reni funzionano come un filtro» spiega il ricercatore Telethon Christodoulos Xinaris, direttore del laboratorio di Organ Regeneration dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, di cui è coordinatore delle ricerche della sede di Milano.

Localizzati nell’addome, ai lati della colonna vertebrale, questi piccoli organi a forma di fagiolo hanno la funzione di mantenere pulito il sangue e regolare la quantità di acqua e sali presenti nell’organismo, espellendo con le urine i prodotti di scarto e i liquidi in eccesso.

«Il loro ruolo - spiega Xinaris - è filtrare le sostanze di scarto del metabolismo cellulare e di quello che introduciamo mangiando, assumendo farmaci, ecc. Ogni rene è costituito da circa un milione di nefroni, costituiti a loro volta da diversi tipi di cellule che lavorano insieme per depurare il sangue, filtrando l’acqua e riassorbendo altre sostanze utili all’organismo (sodio, potassio, cloro, ecc.) dagli scarti che vengono invece smaltiti con l’urina».

L'insufficienza renale

Questi organi non hanno un’alta capacità rigenerativa per cui, se a causa di un danno cronico come il diabete e il rene policistico, perdiamo delle cellule renali, perché muoiono o vengono danneggiate irreversibilmente, i reni non riescono più a filtrare il sangue e si verifica quella condizione che chiamiamo insufficienza renale. Malattia che, peggiorando progressivamente, porta all'accumulo di una quantità pericolosa di scorie e liquidi, che può causare un malessere grave e, in alcuni casi, addirittura la morte. 

In caso di insufficienza renale grave, i reni vanno sostituiti: è necessario, cioè, il trapianto e in attesa di un donatore compatibile, non resta che ricorrere alla dialisi. «La dialisi non è una cura, ma una strategia per mantenere il paziente in vita in attesa del trapianto. Al momento, infatti, purtroppo non ci sono cure risolutive capaci di ripristinare il funzionamento dei reni. Per questo, obiettivo del mio team di ricerca è sviluppare organoidi e tessuti ingegnerizzati in laboratorio per sostituire gli organi danneggiati e ripristinare la funzionalità renale persa» precisa Xinaris. Che aggiunge: «lavoriamo però anche allo sviluppo di un innovativo approccio per rilasciare nel rene un farmaco, in modo efficace e sicuro, che possa rallentare la progressione della malattia».

Così preziosi, così vulnerabili

«Il punto - sottolinea Xinaris - è che i reni svolgono un ruolo molto importante. Ma proprio per il compito che svolgono sono particolarmente vulnerabili, esposti come sono agli effetti delle sostanze tossiche». È noto per esempio che l’abuso di alcol, droghe o farmaci danneggia le cellule renali, sottoponendole a un sovraccarico di lavoro e sovraesponendole a sostanze dannose.

«A questo si somma la complessità dell’architettura dei reni che li rende particolarmente difficili da aggiustare. Di fatto se le sue cellule muoiono difficilmente si rigenerano». Tutto questo costituisce un grosso problema perché, come spiega Xinaris, non possiamo fare a meno di questi organi che regolano lo smaltimento dei nostri rifiuti. Altrimenti corriamo il rischio di fare la fine della città di Leonia descritta da Italo Calvino: sommersi dai rifiuti che noi stessi produciamo, invasi da uno sterminato immondezzaio, da pattume infetto. 

Il rene policistico

Il team di Xinaris all’Istituto Mario Negri, sta lavorando in particolare sulla malattia renale policistica autosomica dominante (ADPKD), altrimenti detta rene policistico.

Si tratta di una rara malattia genetica che causa la crescita incontrollata di cisti nei reni, compromettendone la funzionalità. «Ilrene policistico è dovuto a mutazioni che causano un’alterazione strutturale dell’organo: in pratica, le cellule renali proliferano in maniera incontrollata e formano cisti enormi. Il rene si riempie di bolle e non funziona più bene, smette cioè di filtrare il sangue con il conseguente e pericoloso accumulo di sostanze tossiche». 

Oltre il 50% dei pazienti sviluppa una malattia renale allo stadio terminale, e nonostante la sua rarità (5 su 10.000 persone nell'UE), rappresenta il 10% di tutti i pazienti in dialisi. «Per questo - sottolinea lo scienziato - c’è un'urgente necessità di sviluppare nuove terapie per questa malattia».

«Noi abbiamo riscontrato che gli ormoni prodotti dalla tiroide sono solitamente ridotti nei pazienti con questa malattia. Allora stiamo cercando di mettere a punto un trattamento che preveda la somministrazione controllata al rene policistico dell'ormone tiroideo tiroxina (T4). Perché in studi preclinici abbiamo osservato che rallenta la progressione della malattia. La sfida è riuscire a rilasciare l’ormone solo sulle cellule renali per minimizzare gli effetti collaterali, dato che T4 svolge molteplici funzioni: regola il metabolismo, la temperatura corporea, il nostro sistema nervoso, la sintesi delle proteine, e molte altre». Il team di Xinaris, grazie a un finanziamento Telethon, sta lavorando proprio allo sviluppo di nano trasportatori: nanofarmaci che veicolino l’ormone tiroideo rilasciandolo in maniera selettiva solo sul bersaglio.

Il tuo browser non è più supportato da Microsoft, esegui l'upgrade a Microsoft Edge per visualizzare il sito.