Bnl per Telethon, le persone che fanno la differenza: Gioacchino Leonetti

In 30 anni di partnership la Fondazione ha raggiunto grandi risultati nella ricerca per le cure delle malattie genetiche rare. Grazie a tutti i donatori che l’hanno sostenuta e ad alcuni dei protagonisti della banca.

Gioacchino Leonetti - Bnl Bnp Paribas Private Banking & Wealth Management

Una storia di successi. Il lungo e appassionato rapporto di collaborazione tra Fondazione Telethon e Bnl Gruppo Bnp Paribas rappresenta un esempio straordinario nel panorama del sostegno privato alla ricerca scientifica. Una sinergia che ha pervaso nel profondo l’organizzazione del Gruppo bancario e che coinvolge da sempre tutti i suoi dipendenti, che si riflettono nella missione della Fondazione.

Abbiamo chiesto ad alcuni di loro di parlarci della loro personale esperienza con e per Telethon, ognuno rispetto al ruolo svolto. 

«Oggi più che mai abbiamo capito quanto sia importante tutelare la salute di tutti e per questo continueremo a mettere in campo tutte le nostre risorse nella lotta contro le malattie genetiche rare» racconta Gioacchino Leonetti di Bnl Bnp Paribas Private Banking & Wealth Management. Conosciamolo meglio.

Si presenti…

«Sono Gioacchino Leonetti, detto Gigi, sposato, due figli, e sono in Bnl dal 2002. In realtà sono entrato nel Gruppo nel 1986 lavorando per la Sud Leasing, società dove ho iniziato a organizzare eventi per Fondazione Telethon».

Si ricorda la prima volta che ha sentito parlare di Fondazione Telethon?

«Lavoravo appunto in Sud Leasing e venni coinvolto da un collega della Direzione Generale della Bnl nell’organizzazione di un triangolare di calcio tra due squadre di giornalisti e una squadra di ex giocatori del Bari. Fu quello il mio primo approccio ufficiale con Telethon, 25 anni fa. Sinceramente mai prima di quel momento avevo sentito parlare della Fondazione, confesso neanche attraverso la tv».

Ha un ricordo particolarmente significativo della sua personale esperienza accanto a Fondazione Telethon?

«Più che un ricordo una grande emozione. Nel 1997 organizzammo nella Chiesa di San Giuseppe a Bari un concerto alla presenza del grande compositore Ennio Morricone e durante il quale venne eseguita per la prima volta una composizione del figlio Andrea. Ricordo l’intensità del momento, i molti artisti che parteciparono e il numeroso pubblico, tra cui per l’ultima volta entrambi i miei genitori fieri di me, ma anche il grande freddo nella Chiesa».

Se dovesse definire con un aggettivo il suo personale legame con Fondazione Telethon quale utilizzerebbe?

«Beh, più che mai “indissolubile”, un legame che ha connotato fortemente il mio percorso all’interno della Banca. Nel corso di questi 25 anni ho avuto il privilegio di andare a visitare i laboratori, toccare con mano il lavoro di tanti ricercatori e testimoniare direttamente l’utilità fondamentale dei fondi raccolti. Ho conosciuto bambini curati in tutta Italia, e tutto grazie all’abnegazione di migliaia di persone che trasformano progetti importanti in risultati concreti».

Cosa ha unito e unisce ancora, secondo lei, Bnl e Fondazione Telethon?

«La voglia di aiutare chi ha bisogno. È la spinta principale, a mio avviso, che ha incoraggiato Bnl in questi anni a incrementare il proprio impegno accanto a Fondazione Telethon.  Un percorso lungo e fruttuoso che ha alla base quella che voglio definire «certezza» che un giorno i ricercatori di Telethon riusciranno a trovare delle cure definitive per debellare le malattie genetiche. Una partnership così lunga rimane un unicum nel panorama dei rapporti tra aziende private e organizzazioni no profit».

Che emozioni le suscita ripensare a tutti i grandi risultati che Bnl e Telethon hanno conseguito in questi 30 anni di collaborazione?

«Grandissimo orgoglio e soddisfazione per aver fatto parte di una grande squadra che ha consentito lo sviluppo e la concretizzazione di ben 2.704 progetti di ricerca e una raccolta pari a oltre 310 milioni di euro, numeri importantissimi. Ed è bello pensare che molti ricercatori, grazie ai fondi raccolti, sono riusciti a tornare in Italia e a fare di Fondazione Telethon un centro d’eccellenza internazionale».

C’è un’idea che proporrebbe per rendere ancora più vincente questa collaborazione?

«In realtà più che un’idea vorrei esprimere un auspicio: che tutti i colleghi coinvolgano sempre di più famiglie e amici per aumentare la raccolta fondi. Fare del bene ci fa stare bene. Un piccolo sforzo in più da parte di tutti noi può fare la differenza».

C’è qualcosa di Fondazione Telethon che vorrebbe sapere o che ancora non conosce?

«Sì. Vorrei conoscere tutti i collaboratori della Fondazione Telethon per ringraziarli personalmente e, se fosse possibile, tornare a stringere loro le mani e abbracciarli tutti. In fondo è come se facessimo parte di un’unica grande e variegata famiglia che condivide un unico, importantissimo obiettivo».  

Cosa direbbe a un amico o a un parente per convincerlo a sostenere Fondazione Telethon?

«Molte persone fanno coincidere l’idea di Telethon esclusivamente con la maratona televisiva. Ritengo che anche attraverso Bnl abbiamo contribuito a spiegare a migliaia di persone che la ricerca non si ferma mai, prosegue ogni giorno dell’anno, e lo abbiamo fatto organizzando eventi e iniziative in maniera costante.  Ecco, io accentuerei questo aspetto, e anche la dedizione con cui tanti ricercatori dedicano la propria attività alla scoperta di nuove terapie. Ricordo il caso di una cliente/paziente che era stata in tutto il mondo a causa di una malattia genetica. Arrivata in un centro Telethon si era molto emozionata ed era rimasta sorpresa per l’approccio umano e caloroso con cui era stata accolta. Per la prima volta era stata chiamata per nome. Ecco, Telethon è proprio questo, scienza all’avanguardia ma anche tantissima umanità».  

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