In occasione del ventennale della partnership, abbiamo intervistato il Presidente dell’Associazione Volontari Italiani Sangue, Gianpietro Briola.

Gianpietro Briola, Presidente Avis

La donazione è un circolo virtuoso. Un gesto gratuito di altruismo su cui Avis, la più grande organizzazione di volontariato del sangue italiana, attiva da quasi 95 anni, ha costruito una rete di oltre 1.300.000 soci capaci di garantire circa il 70% del fabbisogno nazionale di sangue. Una grande realtà del nostro Paese che opera al fianco di Telethon a sostegno della ricerca scientifica da 20 anni esatti. Una collaborazione in grande divenire, oggi più di ieri, di cui abbiamo parlato con il presidente di Avis, Gianpietro Briola.

Presidente, che bilancio può tracciare dalla collaborazione con Fondazione Telethon?

«Un bilancio assolutamente positivo. Avis e Telethon condividono gli stessi obiettivi, a partire dalla volontà di migliorare le condizioni di salute di migliaia di persone. Un traguardo raggiungibile solo attraverso la solidarietà che si traduce in contributo economico ma anche nella donazione di plasma e sangue attraverso i quali curare molte patologie rare e intraprendere nuovi percorsi di ricerca. Insieme lavoriamo su temi legati alla solidarietà e al rispetto dei valori umani per restituire dignità agli individui, offrendo a tutti la possibilità di vivere meglio e dare un senso al loro dolore e alla loro sofferenza».

Come è cambiata la sensibilità su questi argomenti e quali effetti ha avuto la pandemia?

«Nella nostra società l’attenzione alla solidarietà e al benessere altrui è cresciuta molto, anche a fronte di una comunicazione sempre più efficace dei progressi compiuti dalla ricerca scientifica. La velocità con cui la ricerca internazionale ha messo a punto i vaccini anti-Covid ha consolidato questa sensibilità. All’inizio ci siamo ritrovati più deboli e disarmati, e nello stesso tempo abbiamo compreso che non esistono certezze tanto incrollabili da non poter essere messe improvvisamente a repentaglio da fattori imponderabili. Un motivo in più per convincere le persone a essere disponibili verso ogni forma di donazione».

«La collaborazione tra Telethon e Avis per migliorare le condizioni di salute di migliaia di persone può costituire un esempio d'ispirazione per altre associazioni e singoli cittadini»

Gianpietro Briola - Presidente Avis

Nonostante le rassicurazioni, rimangono delle resistenze rispetto alla donazione di sangue. Perché secondo lei?

«È inevitabile, anche banalmente per la paura dell’ago e quella, psicologica, dell’ingresso in ospedale. Per questo vogliamo proseguire la nostra opera di sensibilizzazione puntando sul concetto di indispensabilità della donazione per il raggiungimento della cosiddetta autosufficienza dei farmaci plasmaderivati con cui intervenire terapeuticamente per molte malattie rare come per esempio la talassemia, l’emofilia e le malattie neurodegenerative. Si è portati a pensare che la donazione sia un gesto da effettuare solo in presenza di un’emergenza. Invece noi dobbiamo poter garantire continuità all’affluenza di plasma e di globuli rossi, e quindi contare su donazioni periodiche e volontari impegnati a lungo termine».

Qual è la priorità di Avis per il prossimo futuro?

«Indispensabile mantenere il sistema trasfusionale così come lo abbiamo costruito, quindi un servizio pubblico nel quale il plasma, i farmaci plasmaderivati e tutte le componenti del sangue siano pubbliche secondo un principio universalistico. Se saremo in grado di non mollare mai la presa sui temi della solidarietà e della condivisione della ricerca scientifica e della donazione, in un clima di stretta collaborazione, saremo in grado di vincere ogni sfida».

Come vede, invece, il futuro della collaborazione con Fondazione Telethon? «Spero che il nostro possa costituire un esempio che sia d’ispirazione per molte altre associazioni e anche per singoli cittadini che volessero unirsi ad un connubio che in questi anni ha contribuito alla ricerca scientifica e sostenuto il Sistema Sanitario Nazionale. Il futuro di questa collaborazione sarà ancora più costruttivo quanto più sapremo coinvolgere personale medico e giovani laureati su questi temi, che sembrano spesso non esercitare grande attrattiva ma dove, in verità, l’Italia e i suoi laboratori di ricerca vantano una posizione di assoluta avanguardia».

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