Davide Pareyson fa il punto sulla ricerca sulla Charcot-Marie-Tooth

Davide Pareyson è ottimista e vuole mandare un messaggio positivo ai pazienti e ai familiari. Al momento la malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT) è ancora orfana di una terapia efficace, ma la storia della più frequente malattia neuromuscolare ereditaria è destinata a cambiare e di conseguenza la vita delle circa 24mila persone che solo in Italia convivono con questa neuropatia che indebolisce e atrofizza i muscoli, alterando la sensibilità di piedi, gambe, mani e nelle forme più severe compromette gravemente una normale deambulazione.

«Non ci sono ancora cure - dice il responsabile dell’Unità operativa complessa Malattie neurodegenerative e neurometaboliche rare dell’Istituto neurologico “Carlo Besta” di Milano -, ma presto potrebbero arrivare. Riponiamo grande fiducia nella ricerca». «Nell’arco di un paio di anni infatti dovrebbero partire sperimentazioni cliniche, qualche studio pilota è già in corso, per testare l’efficacia di nuove terapie farmacologiche che fanno ben sperare, dopo i risultati ottenuti in laboratorio. Sostanze che potrebbero intervenire sulla degenerazione del nervo».

Con il suo team, il neurologo italiano finanziato dalla Fondazione Telethon ha contribuito a definire strumenti utili per misurare la progressione della malattia e la risposta alla terapia, importanti per poter condurre le sperimentazioni farmacologiche. Ha contribuito anche a descrivere alcuni quadri clinici particolari associati a nuove mutazioni genetiche (sono noti circa 80 geni associati a diversi sottotipi della malattia) e sta lavorando all’individuazione di altri misuratori di gravità e decorso clinico, fra i quali biomarcatori da rintracciare nel sangue e nei piccoli nervi della cute, quali spie della malattia.

La ricerca insomma sta dando i suoi frutti e Pareyson è cautamente fiducioso che i frutti potranno essere raccolti dai pazienti in tempo ragionevole. Intanto ricorda che la fisioterapia e la ginnastica, per migliorare l’equilibrio e la postura e rinforzare i muscoli, e gli interventi chirurgici, se necessari per correggere le deformazioni scheletriche e purché eseguiti da mani esperte, possono migliorare la qualità della vita dei pazienti. E lancia un invito: «Iscrivetevi al registro dei pazienti con malattie neuromuscolari. È uno strumento prezioso che può essere molto utile per fini epidemiologici e di ricerca, per definire gli standard di cura e per una migliore conoscenza della malattia».

Iscrivendosi, il paziente affetto da CMT è invitato a scegliere uno dei nove centri di riferimento in Italia da cui verrà poi contattato per una prima visita: per chiarire il quadro clinico e raccogliere i dati genetici. Il registro è dunque utile per raccogliere i dati sulla distribuzione delle mutazioni genetiche e quindi delle varie forme di CMT, e di conseguenza può essere determinante per reclutare i pazienti in eventuali studi clinici. «Consente infatti di avere una chiara fotografia su quanti sono i pazienti e le loro caratteristiche genetiche, quindi ci permette di valutare chi può accedere a una specifica sperimentazione di un nuovo farmaco».

Inoltre, attraverso il registro, è appena terminata la raccolta dati di uno studio finalizzato a comprendere alcuni aspetti ancora poco chiari della malattia: come per esempio il decorso in gravidanza, il ricorso a dispositivi ortopedici di assistenza, alla fisioterapia e agli interventi chirurgici e i benefici percepiti, e la presenza o meno di disturbi del sonno.

Il registro CMT è frutto dello sforzo congiunto di Fondazione Telethon, Associazione Italiana di Miologia (AIM) e Associazione Italiana per lo studio del Sistema Nervoso Periferico (ASNP), che insieme hanno dato vita all’Alleanza Neuromuscolare, un gruppo di lavoro per promuovere la formazione e la ricerca clinica e migliorare i livelli assistenziali per questa e altre malattie neuromuscolari.

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