Dopo la festa erano tutti stanchi.
Si erano riconosciuti
sotto le maschere e i mantelli,
ma qualche volta no.
Avevano ballato, cantato, parlato, mangiato cose buone.
Sopra di loro si erano accese
tutte le stelle.
Si stava bene, ci si sentiva liberi.
E si poteva anche essere sinceri...
«Non sono contento»
il primo a parlare fu il giaguaro.
«Sto perdendo il pelo, e col pelo le macchie, non so perché.
Diventerò un grosso gatto giallo.
E non mi piace diventare
un’altra cosa.
Tutto questo mi fa paura.
Per questo mi sono travestito
da coniglio, perché i conigli
hanno sempre paura».
«Verissimo» disse il coniglio.
«Noi abbiamo paura di tutto, anche di noi stessi.
Se fossi un pipistrello
starei in aria e non avrei paura
di essere acchiappato.»

«A me invece piacerebbe
avere indietro la mia coda»
disse la lucertola.
«Mi sento così sbagliato che
vorrei volare via. Potessi
avere le ali di una farfalla…».
«Ah, le ali» disse il gufo.
Tutti nutrivano un grande rispetto per lui, perché aveva un grande
cervello. Lui non si era travestito
da niente, chissà perché.
«Le ali sono belle,
ma ci sono cose più importanti
delle cose belle.
Tutti abbiamo qualcosa
che gli altri non hanno.
Qualcosa che ci rende speciali.
Io, per esempio, ho gli occhi grandi per guardare meglio.
Tu, giaguaro, sei rapido ed elegante.
A te, lucertola, basta un raggio di sole per essere felice.
E tu, coniglio...».
E all’improvviso ci fu un gran
daffare: le scimmie
arrotolavano grandi foglie,
il ragno gigante filava,
le farfalle scuotevano le ali,
i colibrì mescolavano
la loro polverina e i procioni
facevano timbri con le zampette.
Alla luce del sole che sorgeva
gli animali videro quello che avevano fatto tutti insieme.
La lucertola aveva una coda
nuova. Il giaguaro aveva
nuove macchie: si guardò
riflesso negli occhi del gufo
e quello che vide gli piaceva.
«Lucertola, dovrai stare attenta,
la coda nuova è fragile. Ma se
si romperà te ne faremo un’altra»
disse il gufo. «Giaguaro,
dovrai stare attento: la polvere di farfalla è delicata.

«È stata una bella notte»
disse il gufo.
«Abbiamo fatto una festa.
La festa è bellissima,
ma poi finisce. Alla festa
possiamo anche travestirci,
nella vita siamo quello che siamo.
E siamo tutti unici,
e siamo tutti speciali.
A volte qualcuno diventa
più speciale degli altri,
perché gli manca qualcosa.
Insieme possiamo provare
a dargli questo qualcosa.».
E con questo il gufo volò in cima al suo pino altissimo.
Ciascuno si avviò verso
la sua casa, verso le sue cose.
Si sentivano stanchi, unici, speciali.
E forti.