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Che cos’è e come si manifesta l'emofilia?

L’emofilia è una malattia ereditaria dovuta alla carenza di proteine normalmente presenti nel sangue la cui funzione è quella di promuoverne la coagulazione, un processo fondamentale nell’arresto del sanguinamento e la successiva riparazione di tessuti. Le proteine, o meglio fattori, della coagulazione principalmente coinvolte sono due: il fattore VIII, la cui mancanza si riscontra nell’emofilia di tipo A (che è anche la più frequente, 80 per cento dei casi) e il fattore IX, che invece è carente nell’emofilia di tipo B. I sintomi sono molto simili nelle due forme e consistono in emorragie, che possono essere esterne o interne e avvenire sia in seguito a traumi, ferite e operazioni chirurgiche, o anche in modo spontaneo. Le emorragie interne si localizzano per lo più intorno alle articolazioni, nei muscoli e nei tessuti molli, dove il mancato arresto della fuoriuscita del sangue dai vasi causa danni a lungo termine a carico delle cartilagini o degli organi colpiti. La gravità della malattia è classificata in base alla percentuale di attività residua del fattore della coagulazione: grave (inferiore all’1 per cento), moderata (1-5 percento), lieve (5-40 percento). Secondo il Registro nazionale delle coagulopatie congenite dell’Istituto superiore di sanità, attualmente sono più di 5000 i casi di emofilia in Italia, di cui circa 4000 di tipo A e quasi 1000 di tipo B.

Come si trasmette l’emofilia?

L’emofilia dipende da alterazioni dei geni codificanti per i fattori VIII o IX della coagulazione, che sono entrambi localizzati sul cromosoma X. La trasmissione avviene con modalità recessiva legata all’X: questo significa che in genere solo i maschi (che hanno un solo cromosoma X) presentano i sintomi. Le femmine risultano portatrici del gene difettoso e sono invece generalmente sane; nei rari casi in cui le pazienti risultino affette da emofilia la forma che le colpisce è quella lieve della malattia.

Come avviene la diagnosi dell’emofilia?

La diagnosi si basa su un test in grado di rivelare un allungamento dei tempi della coagulazione del sangue e quindi il difetto caratteristico della malattia. Il tipo e la gravità dell’emofilia sono stabiliti sulla base dei dosaggi specifici dei livelli dei fattori VIII e IX. Se in una famiglia sono note le alterazioni geniche specifiche responsabili della patologia, è possibile inoltre effettuare la diagnosi prenatale attraverso prelievo dei villi coriali.

Quali sono le possibilità di cura attualmente disponibili per l’emofilia?

Attualmente, il trattamento dell’emofilia si basa sulla terapia sostitutiva, ovvero la somministrazione del fattore coagulativo carente ottenuto dal sangue di donatori (emoderivato) o per via ricombinante. Nei casi più lievi la somministrazione avviene soltanto quando si verifica il sanguinamento, mentre nelle forme moderate e gravi si attua un vero e proprio regime di profilassi, con circa tre somministrazioni alla settimana, in modo da prevenire sanguinamenti spontanei ed emorragie gravi. Per quanto abbia decisamente rivoluzionato la qualità di vita degli emofilici, la terapia sostitutiva presenta dei limiti: circa un terzo dei pazienti affetti da emofilia A e un decimo di quelli affetti da emofilia B può infatti sviluppare degli inibitori, ovvero anticorpi che riconoscono questi fattori esogeni somministrati come “estranei” e di fatto ne annullano l’effetto terapeutico. Il trattamento dei pazienti che sviluppano inibitori prevede il controllo degli episodi emorragici e si basa sulla misura della quantità di inibitore presente. Nei casi a bassa risposta il trattamento è costituito dalla somministrazione di concentrati di fattore VIII con lo scopo di raggiungere alti livelli del fattore infuso, mentre in quelli a risposta elevata si possono impiegare opzioni terapeutiche alternative, come ad esempio il fattore VII ricombinante attivato che funge da “by-pass”, oppure un anticorpo bispecifico. Purtroppo, esiste comunque una quota di pazienti che sviluppa inibitori ma che non risponde ad alcuno di questi trattamenti alternativi. Da una parte oggi la ricerca scientifica sull’emofilia è incentrata sul miglioramento delle terapie esistenti, incluse quelle che hanno come scopo l'eradicazione a lungo termine dell'inibitore mediante l’induzione della “tolleranza immunitaria”. Dall’altra inoltre notevole interesse si è sviluppato nell’ambito dello sviluppo di terapie innovative che mirano ad offrire una soluzione sicura, efficace e soprattutto duratura grazie alla correzione definitiva del difetto genetico responsabile della malattia. Si tratta di approcci basati sulla terapia genica: tra i diversi gruppi di ricerca impegnati in questo ambito c'è anche quello coordinato da Alessio Cantore dell’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano.

Ultimo aggiornamento

14.04.20

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