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Cos'è e come si manifesta il deficit di piruvato deidrogenasi?

La malattia da deficit di piruvato deidrogenasi si manifesta con acidosi lattica e danni al sistema nervoso centrale e periferico. La manifestazione clinica varia molto da un paziente all'altro e comprende forme con grave acidosi lattica congenita che portano a decesso in epoca neonatale e forme con ipotonia, ritardo nello sviluppo psicomotorio e convulsioni a esordio infantile. Vi sono infine forme con esordio più tardivo che si presentano con atassia (deficit della coordinazione dei movimenti) intermittente e neuropatia periferica.

Come si trasmette il deficit di piruvato deidrogenasi?

La malattia da deficit di piruvato deidrogenasi può essere dovuta a difetti di vari geni che codificano per le varie componenti del complesso enzimatico della piruvato deidrogenasi, essenziale per il metabolismo. La forma più frequente è dovuta a mutazioni del gene PDHA1 e si trasmette come malattia legata al cromosoma X: questo significa che in genere solo i maschi (che hanno un solo cromosoma X) presentano i sintomi, mentre le femmine risultano essere delle portatrici sane. Nel caso degli altri difetti, invece, la trasmissione è di tipo autosomico recessivo: questo significa che per manifestare i sintomi bisogna ereditare una copia del gene difettoso da ciascuno dei genitori, entrambi portatori sani.

Come avviene la diagnosi del deficit di piruvato deidrogenasi?

La diagnosi viene effettuata a partire dalle caratteristiche cliniche (in particolare i sintomi neurologici) o da parametri biochimici (per esempio l'aumento del lattato nel sangue, nelle urine o nel liquor). La diagnosi si basa sul dosaggio dell'enzima piruvato deidrogenasi su campioni di biopsia muscolare o su fibroblasti cutanei, seguito dal sequenziamento dei geni codificanti per le varie componenti dell'enzima.

Quali sono le possibilità di cura attualmente disponibili per il deficit di piruvato deidrogenasi?

La dieta chetogenica è la terapia standard, soprattutto per gli individui con un decorso della malattia più lieve: ha dimostrato infatti di ridurre le crisi epilettiche e di migliorare l’atassia e l’acidosi lattica. La tiamina (vitamina B1) è usata di routine, sebbene solo una minoranza di individui abbia mostrato una significativa risposta biochimica o neurologica. Il dicloroacetato e il fenilbutirrato inibiscono entrambi la piruvato deidrogenasi chinasi 1 (PDK1) e sono in corso studi clinici per entrambi i composti.

Ultimo aggiornamento

25.02.22

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