Nata a Milano nel 1968, Elena Battaglioli si è laureata nel 1993 in Biologia presso l’Università di Milano e ha conseguito il dottorato in Biologia cellulare e molecolare nel 1997. Ha svolto il suo post-doc alla State University of New York a Stony Brook, per poi rientrare in Italia nel 2003. Attualmente è professore associato presso il dipartimento di Biotecnologie mediche e medicina traslazionale dell’Università di Milano ed è membro associato dell’Istituto di neuroscienze del CNR di Milano. Elena Battaglioli studia i meccanismi epigenetici che regolano l’espressione di geni essenziali per il corretto funzionamento del cervello. Ha partecipato alla scoperta di LSD1, un enzima epigenetico importante per il corretto funzionamento del sistema nervoso, fondamentale per adattare la funzione dei neuroni all’ambiente in cui viviamo. Elena Battaglioli ha contribuito a dimostrare come mutazioni a carico del gene LSD1 causino una patologia genetica dello sviluppo recentemente descritta e caratterizzata clinicamente, la CPRF (Cleft palate, psychomotor retardation, and distinctive facial features). L’enzima LSD1 possiede la straordinaria capacità di modificare la sua attività in risposta a stimoli quali stress emotivo e trauma, contribuendo all’omeostasi neuronale e alla corretta elaborazione delle esperienze negative. La sua azione contribuisce a modulare l’ansia e la memoria attraverso la regolazione dell’eccitabilità neuronale, una delle principali proprietà che consentono ai neuroni di dialogare correttamente tra loro favorendo una sana funzione cerebrale. Per finire, LSD1 mostra una fondamentale prerogativa di protezione nei confronti dell’epilessia. Abbiamo recentemente scoperto come una modifica dell’attività di LSD1 sia associata alla sindrome di Rett. Ci prefiggiamo di elucidare come modifiche farmacologiche della funzione di LSD1, volte a ristabilire la sua corretta funzione, possano apportare un beneficio agli aspetti epilettici, emotivi e cognitivi della patologia. Capire cosa modifica l’azione di LSD1, e cercare di correggerlo, rappresenta a nostro avviso un approccio potenzialmente importante per cercare di migliorare la qualità della vita delle giovani pazienti portatrici della sindrome di Rett.

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