Studio dei meccanismi molecolari alla base delle anomalie dello sviluppo del cervelletto nella malattia di Niemann Pick C1: efficacia della ciclodestrina nel contrastare i sintomi della malattia

  • 2 Anni 2013/2015
  • 111.600€ Totale Fondi
La malattia di Niemann Pick C1 (NPC1) è una devastante patologia neurodegenerativa con esordio subdolo: un bambino apparentemente normale nella maggior parte dei casi sviluppa la malattia entro i dieci anni di vita e muore entro i venti anni. Si trasmette con modalità autosomica recessiva, quindi i genitori eterozigoti, pur non manifestando la patologia, hanno una probabilità su quattro di avere un figlio malato. Poiché alla nascita i bambini sono normali, esiste una finestra temporale per eventuali terapie. Inoltre, la diffusione dello screening genetico dei neonati rende possibile che la patologia possa essere diagnosticata alla nascita. La somministrazione precoce di ciclodestrina raddoppia le aspettative di vita in modelli murini. L’uso “compassionevole” di tale sostanza è in corso negli Usa ed è stato recentemente approvato dall’Agenzia per i farmaci anche in Europa. Nonostante non siano stati ancora pubblicati, alcuni studi dimostrano che la ciclodestrina riduce la sintomatologia anche se il trattamento inizia quando i sintomi sono già manifesti. Tale patologia coinvolge il cervelletto, una parte del cervello che controlla il movimento dei muscoli. Tuttavia, si sa molto poco di come la ciclodestrina modifichi lo sviluppo del cervelletto in questa malattia. Lo studio dell’effetto di tale sostanza in modelli murini ha già dimostrato che una singola dose somministrata a un’età corrispondente all’infanzia contrasta la perdita delle cellule di Purkinje, i neuroni preposti al controllo del movimento. In questo progetto intendiamo caratterizzare i meccanismi cellulari e molecolari sottostanti a tale effetto benefico. Riteniamo infatti che una maggiore comprensione di come la malattia alteri lo sviluppo del cervelletto nel corso dello sviluppo e di come la ciclodestrina contrasti la neurodegenerazione possa contribuire a identificare nuove terapie in grado di ritardare o contrastare la comparsa dei sintomi della malattia.

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