Malattia policistica renale autosomica dominante (ADPKD): studi in vitro e in vivo per comprendere i meccanismi molecolari della patologia

  • 5 Anni 2008/2013
  • 800.000€ Totale Fondi
Il rene policistico autosomico dominante (ADPKD) colpisce circa una persona su mille ed e' quindi una delle malattie genetiche piu' comuni. La patologia progredisce lentamente e provoca il dilatarsi di tubuli renali, normalmente dello spessore di un capello, fino a formare dei palloncini pieni di liquido, chiamati cisti. Queste cisti crescono sia per numero che per dimensione, durante la vita di un individuo e causano la perdita totale di funzionalita' renale nella meta' dei pazienti che devono pertanto sottoporsi a dialisi o trapianto renale. Non vi e' al momento una cura specifica per questa malattia. Un gene chiamato PKD1 e' mutato in circa l'85% dei pazienti. Il prodotto di questo gene e' una grossa proteina (policistina) che si trova sulla superficie dei tubuli renalila cui funzione non e’ ancora del tutto chiara. Nei pazienti con una mutazione nel gene PKD1, la sua funzione non e’ corretta e questo fa si' che si formino cisti invece di tubuli. Noi proponiamo di utilizzare diversi sistemi per studiare la funzione di questa proteina. Utilizzeremo delle cellule originariamente isolate dal rene e adattate a crescere in laboratorio nelle quali abbiamo introdotto il gene PKD1 normale, oppure modificato per assomigliare a quello dei pazienti. Questo sistema permette di semplificare e capire la funzione della policistina. Le informazioni raccolte da questi studi verranno utilizzate per comprendere il meccanismo di formazione delle cisti nel rene. A questo scopo abbiamo utilizzato dei modelli di topo per introdurvi alterazioni al gene Pkd1 simili a quelle che si trovano nel paziente. Questi topi quindi sviluppano il rene policistico. Si cerchera’ quindi di intervenire sui meccanismi alterati per ristabilire la normale funzione dei reni. Capire la normale funzione della proteina e come questa e’ alterata nei reni policistici di topo e' al momento la nostra unica speranza di poter un giorno intervenire e "aggiustare" la proteina alterata nei pazienti.

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