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Che cos’è e come si manifesta l'anemia a cellule falciformi?

Le anemie a cellule falciformi, o drepanocitosi, sono un gruppo di malattie caratterizzate da manifestazioni comuni, ma con differenti cause genetiche. Tutte comportano la presenza di una forma anomala di emoglobina, chiamata emoglobina S (Hb-S), che polimerizza e deforma i i globuli rossi, che assumono la caratteristica forma di falce. Si tratta di malattie emolitiche croniche (vale a dire con una degradazione superiore alla norma dei globuli rossi), che producono tre sintomi principali: grave anemia, suscettibilità a gravi infezioni batteriche e tendenza all'occlusione dei vasi sanguigni, che può portare a ischemia di vari tipi di tessuti e a disturbi di vari organi (in particolare cervello, milza, polmoni e reni). Tra le prime manifestazioni della malattia, in genere durante l'infanzia o l'adolescenza, si hanno gonfiori e dolori alle mani e ai piedi. Inoltre, i danni acuti e cronici correlati alla patologia sono altamente invalidanti e responsabili dell’elevata mortalità nei soggetti giovani e giovani adulti.

Come si trasmette l'anemia a cellule falciformi?

La drepanocitosi si trasmette con modalità autosomica recessiva: i genitori sono portatori sani e hanno il 25% di probabilità di trasmettere la malattia a ciascuno dei figli. Possono dipendere da mutazioni in entrambe le copie del gene HBB, oppure dalla combinazione tra una copia alterata di HBB e una copia alterata di altri geni codificanti per le catene che compongono la molecola di emoglobina.

Come avviene la diagnosi dell'anemia a cellule falciformi?

II sospetto diagnostico viene avanzato in seguito all'osservazione clinica; la conferma si basa sull'identificazione dell’HbS nel sangue periferico. È inoltre disponibile l'analisi molecolare, con ricerca di mutazioni nei geni coinvolti. Nelle famiglie a rischio è possibile effettuare diagnosi prenatale conoscendo il tipo di mutazioni coinvolte.

Quali sono le possibilità di cura attualmente disponibili per l'anemia a cellule falciformi?

Non esiste attualmente una terapia specifica risolutiva. Il trattamento prevede trasfusioni periodiche di sangue; la somministrazione di idrossiurea può attenuare i sintomi della malattia. Sono possibili interventi sintomatici, per esempio con analgesici per ridurre il dolore acuto dovuto a episodi di occlusione dei vasi o con antibiotici a largo spettro nel caso di infezioni e febbre. In alcuni casi può essere necessaria la rimozione della milza. Si può cercare di prevenire le manifestazioni della malattia mediante idratazione, attenzione agli sbalzi di temperatura, interventi mirati per i primi sintomi e terapie profilattiche. Recentemente, è stato approvato dall’Agenzia europea del farmaco il crizanlizumab, un farmaco che interferisce con i meccanismi di adesione cellulare. L’identificazione di nuovi meccanismi terapeutici diretti a ridurre la vulnerabilità vascolare, limitando i danni d’organo acuti e cronici relati alla drepanocitosi, rappresenta un orizzonte di ricerca importante e innovativo. Questi strumenti saranno fondamentali sia per interferire con la storia naturale della malattia, sia per preparare al meglio il limitato numero di soggetti candidabili al trapianto di cellule staminali o alla terapia genica.

Ultimo aggiornamento

17.02.21

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