Un bambino americano che ha trovato la sua unica speranza di cura in Italia, grazie a una terapia innovativa messa a punto dai ricercatori Telethon per la sua rara immunodeficienza. Oggi sta bene, è diventato grande e ha una vita normale.

Figlio di una coppia americana di origine indiana, Jacob è stato un figlio molto desiderato. La gioia dei suoi genitori Ben e Priya, però, si offusca presto. Una serie di valori del sangue sballati e qualche infezione di troppo sono il preludio di una diagnosi pesante e inattesa: sindrome di Wiskott-Aldrich, una rara malattia genetica del sistema immunitario che si manifesta sin dall’infanzia con infezioni ricorrenti, ma anche eczema, ecchimosi, perdita di sangue dal naso, diarrea sanguinante. La sindrome è associata inoltre a un aumento del rischio di tumori del sangue e malattie autoimmuni.

Priya, nonostante sia una pediatra, non si era mai imbattuta in un caso del genere. «Scoprire che nostro figlio aveva questa malattia rara e potenzialmente letale è stato devastante. Jacob ha vissuto in totale isolamento fin dai suoi primi mesi di vita. Uscivamo soltanto per le visite mediche: le uniche persone che vedeva erano i suoi nonni e i suoi genitori».

Alla ricerca disperata di una soluzione

L’unica possibilità concreta di cura è il trapianto di midollo osseo, ma questa opportunità svanisce presto: Jacob non ha un donatore compatibile, né in famiglia né nella banca dati mondiale. La famiglia inizia a girare gli Stati Uniti in cerca di una soluzione. Al Children’s Hospital di Philadelphia, sentono parlare per la prima volta di terapia genica, un trattamento sperimentale che consente di correggere geneticamente le cellule staminali del sangue e ripristinare la produzione della proteina difettosa. I genitori scoprono però che la possibilità più concreta per il loro bambino è dall’altra parte dell’oceano, a Milano: da qualche anno i ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica hanno iniziato a sperimentare una nuova terapia, che prevede la correzione genetica delle cellule staminali del sangue del paziente stesso, senza la necessità di ricorrere a un donatore.

«All’inizio eravamo titubanti all’idea di andare così lontano per sottoporre nostro figlio a un trattamento sperimentale. Presto però abbiamo realizzato che il team del professor Alessandro Aiuti era tra quelli con la maggiore esperienza al mondo in terapia genica e abbiamo deciso di venire in Italia». 

La terapia genica

AIl’arrivo a Milano Jacob è un bambino sottopeso, che porta evidenti i segni della sua malattia. Non prova appetito, è difficile fargli mangiare anche solo pochi cucchiai di riso: i medici sono costretti a nutrirlo con un sondino. La terapia genica è un intervento impegnativo. Prevede innanzitutto il prelievo del sangue midollare, dalle ossa del bacino, da cui ricavare le staminali, le cellule “madri” di tutti gli elementi del sangue. È una procedura lunga, che prevede anche l’anestesia totale. Una volta isolate, le staminali vengono messe a contatto con un vettore virale contenente una versione sana del gene che in Jacob è difettoso. Un paradosso affascinante è che il virus di partenza da cui è stato ottenuto questo vettore è uno dei più temuti al mondo, l’HIV (guarda l’approfondimento).

Il 9 giugno del 2011 Jacob riceve le sue cellule staminali corrette con la terapia genica. Per la famiglia non è stato un percorso facile: la terapia ha richiesto lunghi periodi in isolamento, resi ancora più pesanti dalla lontananza da casa e dalle precarie condizioni del bambino, sottopeso e già provato dalla malattia.

Una nuova vita

Neanche il rientro negli Usa è una passeggiata: in aereo Jacob si sente male e all’arrivo deve essere ricoverato. Per fortuna si riprende e dopo un mese può tornare a casa. La famiglia si rimbocca le maniche e, con il supporto di fisioterapisti e logopedisti, lo aiuta a recuperare le tappe del suo sviluppo mancate a causa dei lunghi mesi in ospedale. Intanto, il suo sistema immunitario comincia a funzionare e arriva la svolta.

«Mio figlio aveva le sue piastrine e non correva più il rischio di pericolose emorragie. Il suo eczema è scomparso del tutto. Non dovevamo più fare le infusioni periodiche di anticorpi, ma soprattutto potevamo iniziare a interagire con il mondo! La prima volta che ho potuto portarlo al parco è stato meraviglioso: gli pulivo le mani ogni tre minuti, ma era bellissimo. I genitori degli altri bambini non si rendono conto di come tutte le normali attività per noi non siano affatto scontate e normali!».

Nel dicembre del 2012, a un anno dalla terapia, Jacob e la sua mamma hanno anche partecipato alla maratona Telethon, testimoniando questa rinascita di fronte ai donatori italiani. L’anno dopo, il suo volto finisce in prima pagina sul Corriere della Sera e su molti altri giornali, anche internazionali, quando i ricercatori dell’Sr-Tiget pubblicano i primi risultati positivi di questa terapia sull’importante rivista Science.

Jacob oggi

Oggi Jacob è un ragazzino vivace e pieno di interessi: suona la batteria nella band della scuola, pratica lo snowboard, ama fare passeggiate con il suo cane. Ha fatto tutte le vaccinazioni e ha anche avuto il Covid senza particolari problemi. Ha un bel carattere, che lo ha aiutato molto anche nei giorni più difficili e nel sopportare i numerosi controlli. È rimasto molto affezionato alle infermiere e ai medici dell’SR-Tiget; durante uno dei suoi controlli ha voluto guardare al microscopio le sue cellule, capire come funzionasse la terapia che gli ha cambiato la vita.

Per Priya, «il nostro incontro con Telethon ha trasformato l’incubo peggiore di un genitore, vedere la vita del proprio figlio in pericolo, nel più bel regalo che potessimo ricevere: una nuova possibilità di vita per lui». La speranza è che quanto prima questa terapia che ha salvato la vita di Jacob sia disponibile come farmaco per tutti gli altri bambini come lui.

Il tuo browser non è più supportato da Microsoft, esegui l'upgrade a Microsoft Edge per visualizzare il sito.