«La serenità è terapeutica. Poter contare sulla presenza costante e rassicurante dei propri familiari costituisce un fattore fisico e psicologico fondamentale per la tranquillità dei piccoli pazienti sottoposti a terapia genica». Una convinzione che Agostino Annunziata ha elaborato nel corso della sua decennale esperienza come coordinatore della Fondazione Telethon, prima solo per la provincia di Avellino, e oggi anche di Benevento.

«Se #Andarelontano significa impegnarsi per restituire la speranza ai piccoli pazienti affetti da malattie genetiche rare di viaggiare più a lungo possibile in direzione dei propri desideri, il progetto “Come a Casa” rende questa prospettiva più concreta grazie all’appoggio emotivo che la vicinanza della famiglia regala ai bambini».

“Come a casa” rimanda ad un’idea di unione familiare, che neanche la malattia può e deve sconvolgere… 

Esattamente. Se alla difficoltà posta dalla malattia si aggiunge una condizione di solitudine, soprattutto per i pazienti più piccoli, la strada verso la possibile guarigione diventa più ardua. Forse non a tutti è noto che chi si sottopone alla terapia genica deve passare diverso tempo in ospedale. In questo frangente le famiglie, spesso, devono affrontare difficoltà logistiche non indifferenti. Nello stesso tempo è importante che il calore affettivo non manchi. Per “andare lontano” serve sicuramente una terapia risolutiva, ma non dobbiamo sottovalutare l’effetto benefico della famiglia. La Fondazione Telethon è impegnata da tempo anche su questo fronte, ed è un onere che coinvolge tutti noi.

A proposito di impegno, come è iniziato il tuo con la Fondazione?

Proprio 10 anni fa ebbi l’occasione di presentare, in un piccolo paesino dell’Irpinia, uno spettacolo della Fondazione. Il risultato della raccolta, in quella occasione, fu molto incoraggiante. A quel punto, per sincerarmi sulla reale destinazione dei fondi ottenuti, mi recai personalmente all’istituto di ricerca che si trova nella mia regione, il Tigem. Constatare personalmente l’abnegazione e la competenza di tanti ricercatori, oltre alla volontà diffusa di raggiungere obiettivi terapeutici importanti, mi convinse a non distaccarmi da Telethon. Nello stesso periodo la Fondazione aveva offerto nuovo vigore al progetto dei coordinamenti provinciali che era stato avviato qualche anno prima. Sebbene con qualche iniziale incertezza, dovuta al fatto che non fossi originario della provincia di Avellino, ho aderito alla richiesta di diventare coordinatore per questa area, mosso dal convincimento sincero di poter dare una mano concreta per il progresso della ricerca scientifica.

Che tipo di attività svolgete e che risultati siete stati in grado di raggiungere?

Posso affermare, con un certo orgoglio, che oramai raccogliamo sistematicamente più di 100mila euro l’anno nella provincia di Avellino, e adesso contiamo di raggiungere performance simili anche per quanto riguarda la provincia di Benevento. Il nostro gruppo di volontari è attivo soprattutto nel periodo estivo, durante sagre e feste di paese. La gente si avvicina incuriosita per il fatto di vedere Telethon presente anche in centri molto piccoli. Dopo le prime curiosità e i primi interrogativi troviamo una sincera accoglienza e spesso quelle che all’inizio si presentano come vaghe intenzioni di sostegno si trasformano presto in collaborazioni assidue e regolari. In Irpinia operiamo in almeno 118 comuni, e siamo presenti stabilmente in una quarantina di questi.

In che ambiti operate con più frequenza?

Svolgiamo soprattutto attività di sensibilizzazione nelle scuole, nelle associazioni sportive e culturali e all’interno delle istituzioni. Ma se devo essere sincero, sono i privati che ci danno le maggiori soddisfazioni. Piccoli nuclei familiari che ci seguono e fanno “proselitismo” nella propria cerchia di conoscenze. Ci occupiamo anche di fare raccolta porta a porta, e le persone ci mostrano sempre molta fiducia. Memore poi della mia esperienza personale, accompagno personalmente molti di loro a visitare il Tigem, l’Istituto Telethon di genetica e medicina, e così chiudo il cerchio. Toccare con mano quanto il sostegno alla Fondazione può fare per migliaia di persone che convivono con una malattia genetica e sono in attesa di una cura, vale molto più di mille parole.

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