La sua storia di sostenitore della ricerca scientifica nasce dopo la diagnosi di distrofia muscolare, nel 1985, quando aveva 35 anni.

«La malattia può spingerti a sopravvivere nel guscio del tuo egoismo o aprirti al mondo per aiutare gli altri». Andrea Vigna ha scelto la seconda opzione. Anche se non ricorda esattamente il giorno in cui è stato ufficializzato il suo ruolo di coordinatore per la provincia piemontese di Verbano Cusio Ossola, è certo di aver vissuto molto da vicino la nascita di Fondazione Telethon. La sua storia di sostenitore della ricerca scientifica nasce dopo la diagnosi di distrofia muscolare, nel 1985, quando aveva 35 anni.

Come ricorda Andrea «fino a quel momento ero una persona sportiva, avevo già due figli, svolgevo la mia attività all’interno dell’azienda Lagostina, quella del carosello de la Linea, il personaggio ideato da Osvaldo Cavandoli divenuto famosissimo tra gli anni 60 e 70». Andrea non si scoraggia, si informa, va in Francia dove si trattiene a studiare la malattia per alcuni anni, cerca di capire quale potrebbe essere il suo destino e decide che non può fermarsi. Torna in Italia, contatta la Uildm di Torino e si incammina su un percorso che lo porterà da li a breve, nel 1995, a costituire la sezione di Omegna dell’Associazione.

Nel frattempo nasce Fondazione Telethon e Andrea divide il suo impegno tra le due organizzazione “sorelle”. «Sono orgoglioso di aver vissuto così da vicino la crescita della Fondazione e, parallelamente, lo sviluppo attraverso di lei della ricerca scientifica per la lotta alle malattie genetiche. Da questa amicizia scaturisce la mia collaborazione sempre più stretta con Telethon e la nomina a coordinatore».

Andrea crea intorno a questo suo impegno, che si intensifica dopo il ritiro dall’attività professionale, una cerchia di collaboratori e volontari che coinvolge associazioni territoriali di ogni genere. Molti dei suoi sostenitori attraversano indistintamente le attività di Uildm e quelle per Telethon. «Ci sono gli alpini, le associazioni sportive e anche molte scuole di ballo con cui organizzo periodicamente saggi di danza a sostegno della ricerca». L’attività di Andrea, più che di coordinamento, può definirsi come una continua e proficua testimonianza. Come dice lui stesso:

«Io rappresento la prova vivente che non si deve mai desistere, ma che il desiderio di essere di sostegno agli altri aiuta a mantenere il vigore e l’energia per superare ogni difficoltà».

Oggi Andrea ha bisogno di un po’ d’aiuto per muoversi ma fino a cinque anni fa percorreva anche 3 mila km all’anno in bicicletta. Il suo impegno e quello dei volontari sul territorio si dipana soprattutto tra ottobre e gennaio, tra banchetti e appuntamenti enogastronomici e artistici. In media, in questo arco di tempo, il gruppo riesce a mettere in piedi anche fino a 25 iniziative durante le quali il compito principale di Andrea è quello di spiegare l’importanza di sostenere la ricerca a favore non solo di chi soffre di una patologia genetica ma di tutti coloro che dai progressi della scienza possono trarre giovamento. Andrea è molto orgoglioso dei suoi due figli, oramai adulti, anche loro molto sportivi e sempre pronti a dare una mano per allestire eventi e sostenere le attività del padre: «C’è stato un momento in cui mi sono molto preoccupato pensando di aver trasmesso anche a loro la malattia. Fortunatamente questo non è successo ma ciò non ha impedito loro di avvertire forte la responsabilità di essermi al fianco in questa grande impresa».

Storie dei volontari