Scrive per noi Anna Maria, 23 anni, colpita da una grave immunodeficienza, la Dada2.

A 23 anni le persone hanno tante opzioni e pochi pensieri, hanno la vita davanti. Ma io no. Io a 23 anni ho dovuto fare la scelta più importante di tutte: lasciare che la malattia mi consumasse o sottopormi a un trapianto di midollo osseo.

Mi chiamo Anna Maria e ho una sorella gemella, Veronica. Siamo uguali in tutto e per tutto, fin nel midollo. Sembra un’espressione comune, ma invece è proprio così che stanno le cose. Entrambe abbiamo il deficit di adenosina deaminasi di tipo 2, o come viene chiamata spesso Dada2, una malattia genetica che impedisce al midollo osseo di produrre globuli bianchi. Questa patologia ci ha perseguitato per tutta l’infanzia, sin dalle prime ischemie cerebrali, a due anni e mezzo, e così via, tra febbri continue e problemi di circolazione alle gambe.

Il fatto di avere gli stessi sintomi rendeva chiaro che si trattasse di una malattia genetica, ma quello che avevamo non ha avuto un nome fino al 2014. Abbiamo fatto diversi prelievi di midollo, siamo state monitorate con controlli continui ed esami genetici approfonditi. Non potevamo assegnare un nome alla nostra malattia, non sapevamo chi fosse il colpevole, non avevamo un’etichetta con cui definirci. Soprattutto, non riuscivamo nemmeno a capire se avevamo una possibilità di curarci, di migliorare la qualità della vita, di guarire perfino.

Dal 2015 la mia malattia è peggiorata moltissimo. Il numero dei globuli bianchi prodotti dal mio midollo osseo è calato fino a raggiungere lo zero. Ero completamente indifesa da qualsiasi batterio o virus, tanto che anche la puntura di una zanzara avrebbe potuto causarmi problemi molto seri. I medici del Comitato Maria Letizia Verga di Monza, che mi seguivano da anni, erano davvero preoccupati e non sapevano più cosa fare, perché i miei globuli bianchi rimanevano fermi nonostante i farmaci.

Poi però un giorno di dicembre 2016 il primario dell’istituto ci ha dato un’ottima notizia. Negli Stati Uniti un medico israeliano aveva scoperto una malattia genetica denominata Ada2 Deficency, i cui sintomi combaciavano con i nostri. Abbiamo ripetuto gli esami genetici e finalmente, dopo 23 anni, abbiamo trovato un nome alla nostra malattia genetica. Così hanno deciso di trasferire il caso mio e di Veronica in un altro istituto, l’SR-Tiget di Milano. Lì abbiamo conosciuto il professor Alessandro Aiuti e il suo team di ricercatori. Sono loro che ci hanno spiegato che io avrei potuto vivere un’altra vita, guarire del tutto, perché una via d’uscita c’era: sottopormi a un trapianto di midollo osseo nello stesso Ospedale che ospita l’SR-Tiget, il San Raffaele.

«Il mio cuore batte per due dal giorno 15 febbraio 2018, data del trapianto » .

Annamaria

È una terapia sperimentale non priva di complicazioni, tra cui la più importante è quella relativa alla difficoltà di trovare donatori compatibili. Ne hanno trovata solo 1 su 100.000 che fosse compatibile con me e Veronica, ma la donatrice può donare solo una volta e ha salvato me, perché la mia situazione era più urgente. La malattia di Veronica finora non ha assunto una forma aggressiva al punto da comprometterne la vita, però potrebbe peggiorare da un giorno all’altro. Per questo motivo, all'SR-Tiget il gruppo di ricerca di Alessandra Mortellaro sta studiando se e come la terapia genica si possa applicare al trattamento della DADA2, proprio come ha fatto qualche anno prima con l’ADA1.

A me hanno sempre spiegato che con le malattie genetiche si nasce, si cresce, ci si convive, e si muore con esse. Ma all’SR-Tiget (Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica) mi hanno insegnato che non è così e che molti pazienti con malattie genetiche rare riescono a guarire, perché i ricercatori non smettono mai di cercare la cura. Ora lo so: se io e mia sorella potremo continuare ad affrontare la vita insieme, sarà grazie a loro.

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