Bando Telethon-Covid-19: finanziato uno studio sulle difese immunitarie contro il SARS-CoV-2

Anna Kajaste-Rudnitski dell’SR-Tiget ha ottenuto il finanziamento per il progetto partendo dalla ricerca sulla sindrome di Aicardi-Goutières.

Anna Kajaste-Rudnitski

Ci sono un grande amore e la voglia di contribuire anche alla ricerca sulla Covid-19 alla base del progetto che Anna Kajaste-Rudnitski, group leader all’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget), ha proposto, vincendolo, al Bando di Fondazione Telethon per studi in grado di utilizzare le malattie genetiche rare per approfondire le conoscenze sul SARS-CoV-2.

Il grande amore sono i virus, prima passione di questa ricercatrice nata proprio come virologa: una passione che Kajaste-Rudnitski non scorda mai perché, dice, «i virus sono straordinari e studiare come interagiscono con le nostre cellule ci aiuta a capire come funzioniamo noi stessi», e che l’ha portata a guidare un gruppo di ricerca dedicato alle interazioni tra i vettori per la terapia genica utilizzati dal SR-Tiget e i meccanismi delle difese immunitarie.

«I vettori per terapia genica sono di origine virale: per questo è fondamentale capire in che modo sono visti e trattati dal sistema immunitario, per non correre il rischio che vengano attaccati», spiega la ricercatrice. Sottolineando che la sua attenzione si concentra in particolare sui meccanismi dell’immunità innata, la prima linea di difesa dell’organismo contro virus e batteri. «In pratica, un arsenale di proteine che possono combattere in modo immediato, diretto e aspecifico un’infezione e contribuiscono ad attivare, in un secondo momento, anticorpi e linfociti T, la seconda linea di difesa più mirata».

Non solo: proprio per questo interesse per l’immunità innata, Kajaste-Rudnitski segue anche una linea di ricerca dedicata ai geni coinvolti nella sindrome di Aicardi-Goutières, una rara sindrome genetica caratterizzata, tra altri aspetti, da un’attivazione anormale e incontrollata di questa risposta immunitaria nel sistema nervoso centrale dei bambini colpiti. «Alcuni di questi geni hanno la capacità di riconoscere virus a rna (come i coronavirus) e nei pazienti con la sindrome spesso risultano più attivi del normale anche in assenza di virus. Altri geni che possono essere sfruttati dai virus per sfuggire ai controlli, invece, risultano spesso meno attivi del normale».

Quando è scoppiata la pandemia di Covid-19 è stato naturale per Kajaste-Rudnitski, che in passato si è occupata anche di virus dell’influenza, oltre che dei virus responsabili della malattia di Dengue e della febbre del Nilo Occidentale (West Nile), seguire la letteratura scientifica relativa al nuovo virus, scoprendo così un rapporto particolare tra SARS-CoV-2 e immunità innata. «Quello che sta emergendo - spiega la ricercatrice - è che questa rappresenta un’arma a doppio taglio nei confronti dell’infezione. Se viene attivata in fretta in modo potente funziona bene e i pazienti con Covid-19 mostrano un decorso positivo della malattia. Se invece l’attivazione avviene in ritardo si innesca un circolo negativo che nel tentativo di recuperare il tempo perduto porta a iperattivazione della risposta immunitaria, condizione a sua volta responsabile di alcuni dei sintomi più gravi dell’infezione».  Di fronte a queste informazioni, inevitabile pensare a quanto si verifica nei pazienti con la sindrome di Aicardi-Goutières e alla possibilità di indagare il ruolo dei geni coinvolti in questa malattia anche rispetto all’infezione da SARS-CoV-2. «L’idea è sfruttare modelli cellulari della sindrome per valutare in vitro l’impatto delle mutazioni a carico dei geni coinvolti nell’immunità innata sull’infezione da SARS-CoV-2» racconta la ricercatrice. «Se si rivelassero efficaci nel contenere il virus, potrebbero costituire un punto di partenza per lo sviluppo di nuove terapie basate sul potenziamento della risposta immunitaria innata nelle prime fasi dell’infezione». Non mancheranno comunque ricadute positive rispetto alle conoscenze sulla sindrome di Aicardi-Goutières: «Questi esperimenti ci aiuteranno a capire meglio che cosa potrebbe succedere anche nelle cellule dei pazienti in termini di risposte innate anormali».

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