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Ci sono dei percorsi che sembrano destinati fatalmente ad incrociarsi. Esistono organizzazioni che si “corrispondono” perché condividono un’anima e valori simili, anche se hanno identità e finalità differenti. È questo il caso della collaborazione tra Fondazione Telethon e Azione Cattolica. L’orizzonte di senso è molto ampio per entrambe, gli obiettivi e i riferimenti molto alti, e oggi alcuni di essi sono anche comuni. Perché si sono avviati un dialogo e un progetto che vedono le due associazioni vicine per restituire una speranza di futuro a tante persone attraverso la ricerca scientifica. Ce lo conferma un diretto interessato, il presidente di Azione Cattolica, Matteo Truffelli

Professor Truffelli, chi è l’Azione Cattolica?

«L’Azione Cattolica è un’associazione di laici che hanno deciso di impegnarsi a vivere nel quotidiano, ciascuno secondo la propria essenza e attitudine, l’esperienza di fede e il Vangelo al servizio del prossimo. Seppur con una storia ultracentenaria, oggi la nostra è un’associazione giovane e capillare: è infatti presente in 219 delle 223 diocesi italiane, in quasi 6 mila parrocchie, e tre quinti dei nostri aderenti ha meno di 30 anni. Un profilo che parla della vitalità della nostra associazione e della sua capacità di coinvolgere centinaia di migliaia di persone. Una trama di relazioni positive, una consuetudine al rapporto educativo, una predisposizione ad assumersi la responsabilità delle altre persone. Io lo definisco “il tessuto buono del Paese” che oggi si mette a disposizione di Telethon».

Come nasce la collaborazione con Fondazione Telethon?

«La collaborazione nasce dal desiderio, esplicitato da tempo dall’Azione Cattolica, di intessere alleanze costruttive all’interno del nostro Paese, collaborazioni con altre realtà, ecclesiali e non, che lavorano per il bene delle persone. Noi siamo profondamente convinti che creare una rete solidale costituisca una leva decisiva per l’Italia. Il principio è che sia meglio mettere insieme che dividere, collaborare invece che concorrere. Siamo stati subito molto contenti che si profilasse l’opportunità di avviare la collaborazione con Telethon, che ha fatto del servizio disinteressato alla comunità, attraverso la ricerca scientifica, la propria ragion d’essere».

Quale è stato il processo di strutturazione del rapporto tra voi e Telethon?

«Abbiamo lanciato il progetto di collaborazione a maggio 2019 davanti ai nostri responsabili diocesani e abbiamo deciso di offrire il nostro supporto nel corso delle domeniche di dicembre attraverso l’azione congiunta dei nostri responsabili sul territorio e i volontari di Telethon per la vendita dei cuori di cioccolato. Per noi sarà importante esserci fattivamente e questo sentimento è stato condiviso all’interno di molte delle nostre associazioni diocesane, ad oggi già quasi 70».  

Intorno ai pazienti affetti da malattie genetiche ci sono anche le famiglie. State pensando anche a loro?

«Questo è un altro aspetto della collaborazione che noi vorremmo sviluppare ulteriormente.  Per noi è importante che attraverso questo progetto potremo essere di stimolo per ognuno di noi e tutte le comunità diocesane affinché si individuino modi diversi e sempre più efficaci per farsi prossimi di tutte le persone che sono destinatarie dell’azione di Telethon, pazienti e famiglie, vivendo insieme a loro, nei nostri quartieri, nelle nostre città. Vogliamo venire incontro alle loro difficoltà, sostenere chi soffre e ha bisogno del nostro aiuto materiale ma anche solo di un po’ di conforto, per fargli sapere che non sono soli ma c’è anche l’Azione Cattolica che vuole essergli accanto, se ce lo permetteranno».

Cosa vi aspettate da questa collaborazione?

«Sicuramente che possa rendere più facile la vita di tante persone che sperimentano quotidianamente la fragilità legata alla malattia. Speriamo anche che questa iniziativa eserciti una influenza positiva su tante persone, aiutandole a vedere quello che non vedono e ad accorgersi delle situazioni di difficoltà che esistono molto vicino a loro.  Farlo in collaborazione con Telethon sarà ancora più efficace, per far sì che le nostre parrocchie diventino luoghi dove le persone si interrogano su questi temi, nei modi opportuni».

Un rischio insito nella malattia spesso è quello dell’isolamento, sociale e personale. Una tendenza che, insieme alle cause della patologia, va combattuta.

«L’Azione cattolica nasce 150 anni fa e ha sempre saputo mettere insieme persone di età diverse, condizioni sociali diverse attraverso la condivisione di un principio semplice, ovvero che la solidarietà rende fratelli. Il nostro primo obiettivo è quello di non far sentire le persone sole, abbandonate a sé stesse. Abbiamo la buona consuetudine di camminare insieme, invitando al centro le persone che spesso rimangono ai margini. È questo che intendiamo mettere in pratica anche in questo caso, e siamo sicuri che sapremo farci fratelli e sorelle di tanti nuovi fratelli e sorelle che magari ancora non conosciamo ma che presto saremo in grado di riconoscere e amare».

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