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Cos'è e come si manifesta la sindrome di Brugada? 

La sindrome di Brugada è una malattia genetica caratterizzata da una disfunzione delle proteine che regolano l’attività elettrica del cuore. Questo comporta un aumentato rischio di alterazioni del ritmo cardiaco (aritmie ventricolari), che possono risultare anche letali. Chi ne è affetto presenta un cuore apparentemente normale e spesso non manifesta alcun sintomo, ma può andare incontro a morte improvvisa a causa dall’insorgenza, non prevedibile, di aritmie ventricolari maligne. La sindrome di Brugada rappresenta un’importante causa di morte improvvisa nei giovani e negli atleti, sebbene non vi sia una stretta correlazione delle aritmie con lo sforzo, dato che queste possano insorgere anche nel sonno.

Come si trasmette la sindrome di Brugada?

Viene identificata almeno una mutazione genica in circa il 35 per cento dei casi, metà dei quali nel gene SCN5A, coinvolto nella funzione del canale del sodio. Sebbene più di 20 geni siano stati considerati responsabili di questa sindrome e inclusi nei pannelli diagnostici, il loro ruolo nello sviluppo della condizione, a eccezione di SCN5A, è ancora in fase di studio. La trasmissione della malattia avviene prevalentemente con modalità autosomica dominante: questo significa che basta avere una copia alterata del gene per manifestare i sintomi della malattia.

Come avviene la diagnosi della sindrome di Brugada? 

La diagnosi si basa sul riscontro di specifiche alterazioni nell’elettrocardiogramma (ECG), associate a ecocardiogramma, test da sforzo e holter ECG delle 24 ore a 12 derivazioni. In presenza di un tracciato ECG alterato o nei familiari dei pazienti affetti è stato proposto di eseguire un test provocativo con farmaci che bloccano i canali del sodio.

Quali sono le possibilità di cura attualmente disponibili per la sindrome di Brugada?

Una volta effettuata la diagnosi l’approccio terapeutico dipende dal livello di rischio del paziente. Le opzioni disponibili per la sindrome di Brugada sono essenzialmente; l’impianto di defibrillatore cardiaco (ICD), intracavitario o sottocutaneo) o di monitor cardiaci impiantabili (ICM sottocutanei o loop recorder); l’ablazione epicardica transcatetere, una tecnica che consente di eseguire delle “lesioni” sul tessuto cardiaco per isolare elettricamente alcune aree che possono essere la sede di origine dell’aritmia; la terapia farmacologica con farmaci antiaritmici specifici, come la chinidina.

Ultimo aggiornamento

18.02.22

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