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Che cos’è e come si manifesta l'aceruloplasminemia?

L’aceruloplasminemia è una malattia genetica estremamente rara caratterizzata dal pesante accumulo di ferro in vari organi e soprattutto nel cervello e nel fegato. I primi sintomi a comparire, in genere intorno ai 30 anni, sono il diabete e la degenerazione della retina. In età più avanzata (intorno ai 40-50 anni) compaiono anche sintomi neurologici come tremori, rigidità del movimento, difficoltà ad articolare bene le parole (simili a quelli che si manifestano nella malattia di Parkinson) fino ad arrivare alla demenza. L’incidenza, calcolata in uno studio condotto sulla popolazione giapponese, è pari a un caso ogni due milioni di individui.

Come si trasmette l'aceruloplasminemia?

La malattia è causata da mutazioni nel gene della ceruloplasmina, una proteina coinvolta nel metabolismo del ferro. Viene ereditata dai genitori e si trasmette con modalità autosomica recessiva: occorre cioè ereditare le due copie alterate del gene da entrambi i genitori perché la malattia si manifesti.

Come avviene la diagnosi dell'aceruloplasminemia?

La diagnosi viene effettuata a partire dalle caratteristiche cliniche (in particolare i sintomi neurologici) o da parametri biochimici (per esempio uno squilibrio del ferro che può emergere da un esame del sangue e non trova giustificazione in altre patologie). Per ottenere la conferma si esegue un dosaggio della ceruloplasmina nel sangue: se la proteina è assente si procede con un'analisi molecolare del gene per individuare eventuali mutazioni responsabili.

Quali sono le possibilità di cura attualmente disponibili per l'aceruloplasminemia?

Esistono alcuni protocolli terapeutici sperimentali, basati soprattutto sulla somministrazione di chelanti del ferro (sostanze che catturano il ferro, riducendone l’accumulo). Sono stati sperimentati anche trattamenti a base di zinco o di trasfusioni del sangue, ma per valutarne la reale efficacia bisognerebbe ripeterli su un numero più elevato di pazienti.

Ultimo aggiornamento

16.01.23

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