Una terapia alternativa per la distrofia muscolare di Duchenne

La ricerca biomedica contro la distrofia muscolare di Duchenne avanza e si avvicina a un nuovo importante traguardo: una terapia più mirata, con ridotti effetti collaterali rispetto al trattamento attualmente in uso. A indicare la via è uno studio pubblicato su EBioMedicine*, finanziato da Telethon e condotto da Antonio Musarò (Istituto Pasteur – Fondazione Cenci Bolognetti e Sapienza Università di Roma) in collaborazione con Fabrizio De Benedetti dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù.

La distrofia muscolare di Duchenne è una patologia genetica ereditaria che si manifesta nell’infanzia ed è causata dall’assenza di distrofina, una proteina essenziale per la stabilità e l’integrità dei muscoli durante le fasi di contrazione e rilasciamento. La malattia è caratterizzata da atrofia, debolezza muscolare e dalla progressiva degenerazione dei muscoli scheletrici, del cuore e del diaframma.

Al momento, non sono disponibili terapie risolutive.

«Uno degli eventi patogenetici associati alla distrofia» spiega Musarò «è l'instaurarsi di un’infiammazione cronica che porta all’alterazione morfologica e funzionale del muscolo. Oggi, l'unica terapia disponibile consiste nella somministrazione di agenti anti-infiammatori e immunosoppressivi (i glucocorticoidi). Questi farmaci migliorano la qualità della vita dei giovani pazienti, riducendo il rischio di scogliosi, stabilizzando la funzionalità polmonare e prolungando la possibilità di camminare. Purtroppo, però, la continua somministrazione di glucocorticoidi può causare molteplici e gravi effetti collaterali: atrofia muscolare, ritardo nella crescita, cataratta, osteoporosi e ipertensione».

I ricercatori romani hanno studiato una possibile alternativa terapeutica che possa contrastare la risposta infiammatoria cronica e rafforzare i muscoli in caso di distrofia: «In una prima fase sperimentale, condotta sia su modello animale della malattia sia su pazienti, abbiamo osservato che alla distrofia, e in generale all’infiammazione cronica, si associano alti livelli di una proteina pro-infiammatoria chiamata interleuchina 6 (IL-6). Al contrario, in condizioni non patologiche, i livelli circolanti di IL-6 sono molto bassi».

Il passo successivo è stato quindi di verificare se inibendo l'attività di IL-6 si potesse migliorare lo stato di salute del topo distrofico. «I risultati sono stati molto incoraggianti» continua Musarò «interrompendo la cascata di eventi patologici indotta dal legame dell’IL-6 con il suo recettore, è possibile contrastare i segni del declino muscolare. Gli inibitori farmacologici dell'attività di IL-6 sono sicuri, hanno ridotti effetti collaterali e recentemente sono stati approvati per il trattamento di bambini affetti da una grave forma di artrite. Nei topi distrofici, la loro somministrazione determina la drastica riduzione della degenerazione muscolare e dell'infiammazione cronica. Ciò si accompagna a una migliore performance muscolare, a una maggiore resistenza al danno causato dall'esercizio fisico e al mantenimento della riserva di cellule staminali del muscolo – meno sollecitate a correre a riparare i tessuti danneggiati».

Lo studio fornisce quindi informazioni fondamentali che potrebbero avere un impatto quasi immediato sullo sviluppo di una terapia più mirata e sicura contro la distrofia muscolare di Duchenne.

*Laura Pelosi, Maria Grazia Berardinelli, Loredana De Pasquale, Carmine Nicoletti, Adele D’Amico, Francesco Carvello, Gian Marco Moneta, Angela Catizone, Enrico Bertini, Fabrizio De Benedetti, Antonio Musarò “Functional and morphological improvement of Dystrophic Muscle by Inteleukin 6 Receptor Blockade” EBioMedicine Feb 2015

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