Cibo e malattie genetiche: quando la dieta ribalta i canoni

Un’alimentazione sana e corretta è sinonimo di salute? Non in tutti i casi. Se guardiamo al rapporto tra cibo e malattie genetiche, il discorso cambia: negli ultimi anni infatti la rivoluzione nelle tecniche di sequenziamento del DNA ha portato ad acquisire molti più dati e conoscenze e quindi a favorire una progressiva personalizzazione della medicina e della nutrizione. Decade quindi l’idea di una “dieta sana” valida per tutti.

Prendiamo appunto l’esempio di alcune malattie genetiche, in particolare quelle che appartengono ai cosiddetti errori congeniti del metabolismo. Molecole e nutrienti innocui e/o necessari per la maggior parte delle persone risultano tossici in alcuni pazienti.
Si pensi, ad esempio, ai bambini con fenilchetonuria, una malattia genetica in cui un aminoacido essenziale (la fenilalanina) non viene metabolizzato in modo normale a causa di un difetto genetico e risulta tossico; in passato questo portava i bambini colpiti a sviluppare un ritardo mentale grave e irreversibile. Grazie all’introduzione dei protocolli di screening neonatale, è stato possibile prescrivere una dieta con ridotto contenuto di fenilalanina e di prevenire così i sintomi.

Un discorso analogo vale per la malattia di Wilson, in cui l’accumulo di rame è dannoso per le cellule del fegato. Quale dieta viene quindi consigliata ai pazienti con questa malattia genetica? Alimenti che sono assolutamente sconsigliati sono fegato e molluschi.

Un altro caso molto particolare è la sindrome da deficit di GLUT1, una malattia genetica rara che compromette il normale transito del glucosio dal sangue al cervello, con conseguenze gravissime come epilessia, deficit cognitivi o ritardo dello sviluppo motori. La soluzione? Una dieta chetogenica a base di sole proteine e grassi, ma privo in modo assoluto di carboidrati. Cibi grassi e fritti sono quindi un dovere, non uno sfizio concesso a grandi e piccoli. Il regime alimentare dei bambini affetti da questa sindrome è l’esatto opposto di quanto viene consigliato da pediatri e medici in età infantile.

In altri casi, come nelle glicogenosi, oltre a bilanciare l’apporto dei nutrienti è importante mantenere anche una “costanza temporale”. Mangiare spesso dunque, ma seguendo certe regole: per mantenere una glicemia costante, è consigliato consumare alimenti che rilasciano il glucosio in maniera lenta e graduale a intervalli regolari. Se nella maggioranza dei casi è sconsigliato mangiare durante le ore notturne, nei casi di pazienti affetti da diversi tipi di glicogenosi, può essere necessario.

Una dieta personalizzata, ma non sempre "sana" ed "equilibrata", diventa quindi parte integrante del trattamento per molte malattie genetiche. Esistono regole abbastanza rigide, che sovvertono i canoni classici dell’alimentazione e che vanno comunque concordate, caso per caso, con un team di specialisti.

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